Archivio Mensile: Maggio 2013

“Perche’ io valgo”

Antonio-Conte

 

scritto da Luna23

 

E’ cosi che recitava un verso  pubblicitario di un noto shampoo per capelli, di una multinazionale che aveva scelto una celebre top model per consigliarlo alle donne con autostima quanto la sua, qui pero non parliamo di prodotti nemmeno di donne, ma di uomini, uno in particolare che e’ Antonio Conte. La Juventus ha vinto l’ultimo scudetto grazie a lui, la sua abilita’ ha consentito ad una squadra mediamente forte di vincere con un notevole margine sopra le altre, lasciando gli avversari a bocca aperta.

Cominciando dall’inizio per Conte e’ stata una pessima annata, i suoi nemici e quelli della Juve hanno cercato di annientarlo, il sistema giudiziario lo ha condannato con un processo improprio probabilmente ingiusto ed irregolare, le emittenti televisive ed i loro inadeguati commentatori lo hanno braccato violando ogni domenica la sua privacy, i suoi nemici lo hanno insultato, ridicolizzato e messo al bando da una classe arbitrale inadempiente e di parte, poco ci mancava che lo mettessero su una pira a dargli fuoco. Ma come tutte le persone forti e consapevoli del proprio valore si e’ rialzato ed e’andato avanti, con la sua societa’ che non ha mai messo in discussione il suo operato Conte oggi e’ un uomo vincente non solo sul campo ma nella vita.

In queste condizioni e’ riuscito a vincere anticipatamente lo scudetto e a portare tre le prime 8 squadre in Europa la Juventus, non faceva paura la Juventus, faceva paura lui.

La Juventus ha vinto perché’ …

Senza dubbio per Antonio Conte, e per il centro campo che attualmente e’ il piu forte in Italia, nonostante il rendimento discontinuo di Pirlo, Paul Pogba e Arturo Vidal hanno preso le redini della squadra mantenendone l’assoluto primato, nonostante l’ attacco che ha deciso di piantarci in asso nel momento più delicato della stagione. Anche la difesa e’ stata solida ma non sempre perfetta, l’assenza prolungata di Chiellini si è fatta sentire, la bravura del tecnico salentino, quella di valorizzare le doti anche di chi non e’ un genio del calcio e’ stata la risposta giusta ed i nostri nemici devono farsene una ragione.

Come abbiamo detto in precedenza l’attacco e’ stato deludente, soprattutto per i tifosi carichi di aspettative,  e con qualche responsabilità del tecnico che ha insistito con fissazioni destinate a fallire. La percentuale dei gol segnati dai nostri bomber e’ stata inaspettatamente bassa, a parte qualche impennata momentanea, gli attaccanti hanno incrociato le gambe e ai centrocampisti e’ toccato sopperire alle loro mancanze.

La bravura organizzativa di Conte ha fatto si che a saper mescolare “le carte” se ne esce vincenti.

Gli avversari hanno perso perché …

Premettendo che la Juventus non fosse imbattibile, i nostri avversari sono nell’ istante in cui la Juve ha offerto il suo fianco debole, precipitati in un flop micidiale, mai come quest’anno s’e’ visto così tanto fumo e nulla arrosto, a partire dal Napoli, che troppo “Cavaniforme” ha perso l’occasione per rimontare la Juve, stessa cosa per il Milan “Balottellizzato”  super favorito e protetto dagli arbitri, stava colando a picco a causa di un allenatore dai limiti evidenti e troppo polemico per tirare fuori la sua squadra dalla spirale perdente. Inter e Roma quest’anno mai pervenuti la Forentina con un tecnico esordiente, agile e scattante non e’ riuscita ad essere la vera avversaria della Juve, per la giovinezza e inesperienza del suo tecnico. In crescita ma non ancora maturo.

Vedremo cosa succederà la prossima stagione, Conte vorra’ vincere la Champions inoltre allo scudetto numero tre, se il campionato sara’ impresa fattibile, la champions invece no. Il centrocampo forte non bastera’, servono attaccanti e uno sguardo alla difesa andrebbe dato, perché Barzagli non e’ nel fiore degli anni e potebbe essere improbabile che ripeta una stagione come quella appena passata.  Pensiamo anche agli avversari, i quali vorranno tornare competitivi. Il Napoli ha assunto Benitez e l’Inter Mazzarri, insomma normale amministrazione, intanto archiviato il campionato i giri di valzer del mercato affollano le pagine dei giornali si parla di Jovetic, di Higuain, per noi, speriamo solo che arrivi qualcuno di utile e che i Bendtner o gli Anelka siano acqua passata.

Nel frattempo pare che i dissapori tra “nemici  e Juventus” si siano smorzati, Mazzarri l’odiatore, il nemico numero 1 di Conte e della Juve, rea di avergli soffiato la super coppa e tante altre cose, sembra abbiano firmato una piccola tregua almeno mediatica, si sa .. La Juventus e’ una grande societa’ e come tale e’ in grado di superare i momenti difficili mettendo tante pietre sopra alle brutte cose. Perche’ al ” guadagno” non si comanda e oggi e tempo di grandi affari.

 

 

 

 

 

 

 

29 Maggio 1985 – 29 Maggio 2013.

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ACERRA ROCCO, BALLI BRUNO, BOS ALFONS,BRUSCHERA GIANCARLO,CASULA ANDREA, CASULA GIOVANNI, CERULLO NINO, CHIELENS WILLY,CONTI GIUSEPPINA,DAENINCKX DIRK,FABBRO DIONISIO, FRANCOIS JACQUES, GAGLIANO EUGENIO, GALLI FRANCESCO, GONNELLI GIANCARLO, GUARINI ALBERTO,LANDINI GIOVACCHINO, LORENTINI ROBERTO, LUSCI BARBARA, MARTELLI FRANCO,MESSORE LORIS, MASTROIACO GIANNI,MAZZINO SERGIO, PAPALUCA LUCIANO,PIDONE LUIGI,PISTOLATO BENITO,RADCLIFFE PATRICK,RAGAZZI DOMENICO,RAGNANESE ANTONIO,ROBERT CLAUDE,RONCHI MARIO, RUSSO DOMENICO,SALVI TARCISIO, SARTO GIANFRANCO,SPALAORE GIUSEPPE, SPANU MARIO, VENTURIN TARCISIO,WALLA JEAN MICHEL, ZAVARONI CLAUDIO.

 

LA GERMANIA TRA CALCIO E POLITICA.

bayern borussia

articolo a firma di eldavidinho

Qual è la squadra migliore? Soprattutto, ha vinto la squadra migliore? Ha vinto quella che ha meritato di più? Cominciamo col dire che questo Bayern che pone fine, almeno per ora, all’epoca del Barcellona, ricorda non troppo lontanamente la Juve di Lippi che chiudeva il ciclo Ajax anni ’90. Una squadra fortissima, per carità, ma che nessuno pensava fosse così fenomenale. Forse un po‘ sottovalutata da tutti all‘inizio di questa Champions, anche da noi. Un dominio che sancisce probabilmente la fine del ciclo catalano(anche se non è detto che finisca proprio nell’anno in cui hanno vinto la Liga dominandola con estrema facilità) ma che non apre ancora quello dei nuovi marziani del Bayern, seppur si tratti dell‘ evoluzione naturale e moderna del Barcellona, una macchina perfetta che pare essersi inceppata. Spaesato e surclassato nel doppio confronto, il Bayern ha gestito i ritmi, alternato momenti di possesso ad altri di copertura, controllo ed organizzazione. Ha messo a nudo i difetti di una squadra che, per anni, non ha mai trovato una valida alternativa di gioco al tiki taka, risultando impreparata al cospetto di un Bayern che ha costretto sulla difensiva una squadra che, in passato, non si è mai difesa, ha sempre attaccato. I difensori, infatti, hanno mostrato grandi carenze in marcatura, abituati solo ad impostare, e tutta la squadra ha sofferto il non-atteggiamento-passivo del Bayern, martellante, pressante, asfissiante, aggressivo, propositivo. Quantità e qualità. Consapevolezza dei propri mezzi, atteggiamento giusto nell’essere una squadra. Espressione del nuovo calcio a 360°. Così il Bayern ha sconfitto un Barcellona che, insomma, dopo aver dominato in lungo e in largo, è in fase declinante; il suo gioco da brillante sta diventando monotono e sempre più basato sulla presenza di Messi. L’ascesa del Bayern sta assumendo i “contorni darwiniani dell’evoluzione”. La differenza la farà la continuità negli anni, quella continuità che un Barca comunque grande ha avuto e dato sino ad ieri. Un marchio di fabbrica momentaneamente superato da quello bavarese che deve riuscire a riconfermarsi per essere etichettato come il vero nuovo modo di giocare a calcio. è indubbio che la squadra di Heynckes abbia preso come modello il gioco blaugrana e lo ha fatto proprio con adattamenti precisi, con la grande progettualità della società in sede di mercato, di merchandising e di marketing. Già, perché il segreto sta proprio nelle solide basi finanziarie, per il Bayern così come per il Borussia. Due squadre che hanno anche nel settore giovanile e nello scouting un altro dei loro segreti. Con 368 milioni di € nel 2012, il Bayern è la quarta squadra al mondo per ricavi, con un incremento rispetto all’anno prima di circa 40 milioni. I bavaresi sono una vera e propria macchina da soldi: 85 milioni arrivano dal solo botteghino, sempre sold out anche grazie al congelamento dei prezzi rispetto alla precedente stagione, mentre ben 202 milioni arrivano dalle sole attività commerciali. Nessun club al mondo è mai riuscito a raggiungere un simile bottino, esclusi biglietti e diritti TV. Una potenza finanziaria sproporzionata anche per un campionato fiorente come la Bundesliga, se è vero che il Borussia Dortmund, 11^ al mondo per ricavi, ha raccolto nel 2012 un fatturato di 189 milioni, in crescita del 40% rispetto all’anno precedente, e un utile netto di 34 milioni. Al momento, il club è al nono posto nella classifica dei fatturati. Barcellona e Real Madrid, quindi, hanno perso contro, al confronto, poveretti, nella semifinale di Champions, perché se, come già detto, il Bayern è il quarto club calcistico al mondo per ricavi, il secondo (a quota 483) è proprio il Barcellona. Mentre il primo, cioé il Real con 512, è stato superato da un Borussia Dortmund che nella classifica dei soldi è dietro al Milan (256), poco dietro alla Juventus (195), ma davanti a Inter (185), Napoli (148) e Roma (115). In altre parole, i fatturati non fanno vincere, quelli “degli altri”, poi, non devono neanche essere una scusa in caso non si vinca, ma non devono neanche essere presi sottogamba, perché ti permettono di spendere. E di vincere se spendi bene.
Un fatturato che è, però, quasi la metà di quello del Bayern, quello del Borussia. E stiamo parlando della seconda squadra più ricca di Germania. Capace comunque, grazie al ritorno in Champions League, di aumentare i suoi ricavi quasi del 50% in un anno e di gettare completamente alle spalle il fallimento tecnico di 7 anni fa. Un meraviglioso miracolo imprenditoriale e di competenza calcistica, perché il passivo ammontava a 140 milioni, situazione che li costrinse ad accettare un prestito dai nemici del Bayern per pagare gli stipendi e infine vendere anche lo stadio. Stava annegando, il Borussia, perché i suoi dirigenti avevano esagerato con le spese dopo i fasti degli anni Novanta, quando nel 1997 era arrivata la vittoria in Champions (in finale ai danni della Juventus). Poi, nel 2006, tutto riparte: un prestito provvidenziale della Morgan Stanley consente al club di sopravvivere, e ripartire. Da quel momento si sceglie l’unica strada percorribile, cioè quella che dovrebbero seguire tutti: si lavora sui giovani, mentre sul mercato si cercano talenti a basso costo ma di sicuro avvenire, impresa per la quale bisogna essere attrezzati di competenza e professionalità. Dopo due stagioni difficilissime tra il 2007 e il 2008, in cui il BVB rischia la retrocessione, la risalita inizia con l’ingaggio di Jurgen Klopp come allenatore, il 1° luglio 2008. Il giovane tecnico, che all’epoca ha 41 anni, comincia a plasmare la squadra lavorando sui ragazzi, ricreando il senso di appartenenza che era stato uno dei segreti del Borussia anni Novanta, imponendo un gioco tecnico e velocissimo, spettacolare. il club torna a vincere la Bundesliga due volte, nel 2011 e nel 2012, con una squadra forte e giovanissima, perché l’età media è di appena 24 anni. Capiamo bene, dunque, di che calibro siano i giocatori di Borussia e Bayern, da dove arrivino e con quali modalità siano giunti in queste due squadre. Il Borussia ha trovato nello scouting con acquisti low cost, nelle operazioni condotte con fiuto e lungimiranza e nella coltivazione maniacale del bel gioco e del tasso tecnico dei propri giovani la formula magica per esplodere, arrivando quarto nel girone di Champions dello scorso anno con la stessa squadra di quest’anno. Perchè i progetti vincenti si costruiscono col tempo e con la pazienza. Quando invece hai a disposizione entrate pressoché doppie, come succede al Bayern, il gioco cambia: il club bavarese ogni anno ha un obiettivo chiaro, il miglior giocatore della Bundesliga nel ruolo, da ingaggiare senza badare a spese. Spendendo bene dunque si vince. Non spendendo e basta. Questo ti permette, ogni anno, di migliorare il fatturato attraverso i risultati sportivi, di acquistare giocatori forti con maggiori probabilità ma di permetterti anche un margine di sbaglio, errore, sul mercato, più ampio. Perché i flop li fanno tutti. Può capitare. Ma la bravura sta nel farli influire il meno possibile nei risultati sportivi. Il modello tedesco, insomma, non esiste, se non nelle linee guida di buona organizzazione e buona gestione che caratterizzano quel paese in ogni suo aspetto. Intelligenza, fiuto, lungimiranza, lavoro, programmazione, competenza. Questa è la Germania di oggi, questa è la Bundesliga. Un movimento calcistico che ha fatto passi da gigante, recentemente, nella gestione delle proprie risorse. Due squadre così diverse e due modelli così opposti, per certi versi, eppure molto simili nel gioco che esprimono con equilibrio e movimento. Con qualità, forza, corsa, fantasia, tecnica, determinazione, organizzazione di gioco, collettivo. Il calcio tedesco è l‘evoluzione di quello spagnolo. Il Bayern mette i soldi, ma è in attivo. Il Borussia mette le idee. Vende i migliori e vince. Poi ci sarebbero anche Klopp e Heynckes, due personaggi di sport veramente positivi. Sorridenti, leali, dal volto pulito, sportivi. Heynckes lo conosciamo tutti, eppure sembra più moderno di tanti allenatori giunti alla ribalta, Klopp, invece, primo anno sesto, secondo anno quinto, da noi non sarebbe arrivato a fare neanche due anno sulla stessa panchina. Poi due scudetti e quest’anno la “consolazione” della Champions dopo il -20 in campionato.

La politica della serietà, degli investimenti e della redditività, insomma, funziona. Un trionfo anche in senso più globale, se si pensa che le banche spagnole indebitate con quelle tedesche (come lo sono le nostre) indirettamente indebitano i loro club con quelli di altri paesi. È una chiave di lettura magari un po’ forzata ma interessante, quella di tracciare parallelismi tra calcio e politica. Borussia e Bayern, a livello territoriale, sono espressione di Renania Settentrionale – Vestfalia e Baviera, rispettivamente prima e seconda regione più produttive di quella che è la locomotiva dell’economia europea: la Germania, appunto. Restano fuori, invece, due big del calibro di Real e Barça. Società dai palmares scintillanti, ma dai conti non altrettanto ineccepibili. Due club che, meno di un anno fa, erano stati investiti da uno scandalo clamoroso, la bufera sugli aiuti concessi dall’Unione Europea alle banche spagnole: queste, invece di utilizzarli per rilanciare l’economia iberica, li avrebbero usati con estrema disinvoltura per concedere ingenti prestiti alle due società. Per pagarne i debiti e gli stipendi milionari. Detto questo, non bisogna trarne conclusioni sbrigative e superficiali. Sarebbe eccessivo arrivare a dire che in finale ci sono due tedesche perché la Germania è il traino dell’economia continentale. È però legittimo limitarsi a rilevare che, comunque, mai come oggi gli assetti dell’Europa calcistica sembrano ricalcare quelli dell’Europa politica ed economica. Se non altro, perché ormai è un dato di fatto. Vi starete chiedendo ancora quale sia la squadra migliore e se abbia vinto veramente la squadra migliore. Che importa. è certo, però, che si siano incontrate le due squadre migliori. E che abbia vinto quella che ha sbagliato meno sottoporta, per demeriti propri più che per meriti della difesa avversaria.

Rubrica “Attimi Di Juve” – Profilo Twitter: @eldavidinho94 / Profilo Facebook: Eldavidinho Juve. Profilo Tumblr: http://eldavidinho.tumblr.com/. Profilo WordPress: http://eldavidinho.wordpress.com/

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E’ finito il campionato dimmi in breve promossi bocciati e da rivedere.

Della Juve, promossi tutti perché s’ vinto e fatto bene. La società è da rivedere ancora, può decidere finalmente di dare retta alla realtà e meno retta alle strategie. Degli altri promuovo chi nonostante tutto resta sempre a galla: Milan in primis.

Fra i nostri lettori ci si chiedeva perché hai definito “pericoloso” Del Piero per quelli della società.

Perché è l’unico Garibaldi a Caprera che può, emotivamente, rompere le palle a qualcuno di pari età che regge la Juve come la reggerebbe Del Piero. Conto terzi. Del Piero ad Ellkann piacerebbe molto di più del cugino: niente Calciopoli, una immagine meno confindustriale, un gradimento dalle Alpi alle piramidi.

A parer tuo può bastare a ricucire il rapporto la stretta di mano che si sono dati col presidente in occasione della mostra sugli Agneli?

Una stretta di mano non ha mai ricucito ambizioni contrastanti. Può servire a volte a misurarsi reciprocamente le forze. Ma spesso le mani, e le forze, sono sudate.

 

Intervista a Francesco Caremani

Fra le persone meravigliose che posso annoverare fra le mie amicizie un posto speciale spetta sicuramente a Giulia Iuliana Bodnari, per me semplicemente Giulia. Ci siamo conosciuti grazie alla nostra passione per la Juventus e ne è nata un intesa e una stima reciproca veramente notevole. E’ cosi che un giorno in previsione della commemorazione annuale delle vittime dell’Heysel, che quest’anno si terra il 1 Giugno, Giulia mi a chiesto testuale : ” Ale tu che scrivi così bene scrivi qualcosa per me per la commemorazione”. Ho preso subito alla lettera ”l’ordine” di Giulia. Potevo scrivere sicuramente dei ricordi di bambino di quel brutto giorno. Avevo 12 anni ed ero davanti alla tv con mio fratello e mio papà. Ricordo tutto. Un giorno forse racconterò anche questa storia. Questa volta, per Giulia ho deciso invece di realizzare questa intervista. Di lasciare la parola a chi sicuramente sull’Heysel è più informato di me e ha cose più interessanti da far conoscere al pubblico.

Questa intervista è per Giulia e suo marito Rossano, per Carla e Giancarlo, per Mimmo che se vorrà metterla nel suo museo ne sarò onorato.

Alessandro Magno

 

Intervista a Francesco Caremani

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(Francesco Caremani in occasione del ventennale sul luogo dove sorgeva la rete che divideva gli Inglesi dagli Italiani)

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(Il libro)

 

 

Francesco Caremani giornalista, scrittore, noto tifoso juventino, conosciuto al pubblico soprattutto per il suo impegno: la ricerca della verità sulla triste vicenda dell’Heysel.

1. Ciao Francesco cercherò di farti delle domande diverse dalle consuete, intanto ti ho presentato bene?

«“Noto tifoso juventino”? Non direi, per vari motivi (e non per colpa mia). Il primo e più semplice è che da ragazzo tifavo Juventus, nel senso più appassionato del termine, ma oggi non mi riconosco affatto nella parola “tifoso” dietro la quale si nascondono in troppi dopo aver detto e fatto le peggio cose. Il secondo, banale, è che sono un giornalista, ho fatto tanta fatica per diventarlo e secondo me un giornalista tifoso non è un buon giornalista; un giornalista deve essere credibile piuttosto che tifoso e le due cose spesso (nel calcio italiano) sono l’una contraria dell’altra. Il terzo risale a qualche tempo fa, dopo una bellissima presentazione del libro sull’Heysel a Mantova con Bruno Pizzul su Facebook arriva un commento che augura la morte all’ex telecronista Rai accusato di essere antijuventino, cosa per me inaccettabile, così controbatto in maniera forte e decisa, la risposta? Guai a me se mi consideravo juventino (e non era la prima volta). Oggi c’è tanta voglia di rilasciare patenti, di mettere le persone in un contenitore (forse perché chi ha un pensiero indipendente, non catalogabile, crea diffidenza, paura, panico, crisi d’ansia, come una figurina fuori posto, ma per fortuna siamo uomini), con me o contro di me. Ho 43 anni e ‘vengo’ da un altro calcio, un calcio in cui gli avversari si ammiravano, dove s’imparavano ad amare quando vestivano tutti insieme la maglia della Nazionale, l’odio verso la quale per me è pura blasfemia, quindi puoi ben capire quanto le ragioni (se di ragione si tratta) del tifo siano lontane dal mio modo di pensare, intendere e raccontare il calcio, lo sport più in generale. Se penso a me come tifoso penso a me come tifoso della Nazionale. Però, c’è un però, c’è stato un momento in cui molti giornalisti che fino al momento prima avevano beatificato la Juventus le si sono rivoltati contro per mera sopravvivenza (gli stessi che adesso le si stanno riavvicinando), per contingenza e puro calcolo personale. Ecco, quando non conveniva non ho nascosto la mia passione giovanile e la squadra per cui facevo il tifo (che poi ti resta attaccata addosso per sempre), sono fatto così, sono un giornalista nel bene e nel male, quello che conviene lo lascio agli altri, tifosi compresi, come dimostra il libro sull’Heysel: se una cosa è accaduta, quindi vera, lo è a prescindere dai colori sociali. A pensarci bene sono anch’io un ultrà: del giornalismo e delle cose in cui credo, come il fair play, per esempio. Poi siamo in democrazia e ognuno può affibbiarmi le patenti che vuole, questo non cambierà quello che sono, tanto meno le mie idee. Ovviamente grazie per il “noto”, troppo buono».

2. Sinceramente, ti spiace essere conosciuto più che altro per i tuoi scritti sull’Heysel, dato che è una vicenda triste e in fondo hai scritto tanti altri libri, o è un qualcosa che non ti pesa affatto?

«Il mio nome è legato indissolubilmente all’Heysel (grazie a Otello Lorentini, già presidente dell’Associazione fra le famiglie delle vittime di Bruxelles, voce narrante del libro) e in un Paese dove si cerca di dimenticare, soprattutto le tragedie con precise responsabilità, capisci quanto abbia pesato e pesi dal punto di vista professionale. A me non interessano le mode (complimenti a chi sa cavalcarle; oggi, per esempio, va a ruba il giornalista schierato) a me interessa fare le cose giuste e l’Heysel lo è stata. Questa domanda mi ha fatto molto piacere perché quando uno fa il giornalista sportivo si occupa di tanti argomenti diversi, è un cammino con tante tappe, alcune più corte altre più lunghe, alcune sono delle semplici gare in linea, altre parte di un tour, alcuni di questi hanno una conclusione, altri no, ci accompagnano nel nostro cammino professionale. Se c’è una cosa che amo del mio lavoro sono le persone, quelle che racconti, quelle che incontri per caso, ognuna ti resta attaccata addosso in maniera diversa, come nella vita di tutti i giorni. Otello Lorentini è una di queste, una di quelle persone che porterò sempre con me, perché mi ha insegnato tante cose, come la dignità, la voglia di giustizia e verità, l’amore incondizionato per i figli (lui al suo, morto all’Heysel, ha dedicato tutta una vita), l’umiltà e l’orgoglio di chi ha tutto da perdere e scende ugualmente sul campo di battaglia con le poche certezze che possiede: se lo dovrebbero ricordare soprattutto quelli (troppi) che parlano (troppo spesso) a vanvera di ciò che è accaduto il 29 maggio 1985 e dopo. Io ho scritto altri libri, alcuni più belli dal punto di vista squisitamente narrativo, ma per tutti i motivi che ho elencato quello sull’Heysel resta il più importante».

3. A distanza di molti anni per chi vuole cercare e informarsi c’è direi abbastanza materiale, ritieni sia stato scritto tutto sull’argomento, c’è ancora qualche zona d’ombra?

«Io ritengo che sull’Heysel sia stato scritto tutto, per chi vuole sapere e per chi vuole informarsi decentemente, ma non solo grazie a me, anzi credo sia opportuno citare altri autori, quattro in particolare: Nereo Ferlat, Jean-Philippe Leclaire, Domenico Laudadio e Riccardo Gambelli. In verità, una zona d’ombra è rimasta, difficile da illuminare dopo tanti anni. Il settore Z era destinato a un pubblico neutrale o a chi accaparrava per primo i biglietti? Vista la divisione dello stadio è facile pensare alla prima ipotesi e allora cos’è accaduto? Da qui il secondo quesito: chi ha spacciato in Italia i tagliandi della curva Z? Quanto ci ha guadagnato? Poi basta leggere i racconti di chi per avere un biglietto all’ultimo minuto si è ritrovato nella famigerata curva, chi invece è riuscito a cambiarlo perché non voleva portare il figlio in quel posto così vicino agli inglesi e così via. Dopo quasi 28 anni capisco che può sembrare come discutere del sesso degli angeli, ma alla fine è iniziato tutto da lì, nonostante nello stadio ci fossero altri posti disponibili, come dimostrato da chi è riuscito a scappare dopo la tragedia».

4. Un fatto che mi ha sempre incuriosito e credo nessuno ti abbia mai chiesto se non io privatamente. Chi è quell’uomo sulla copertina di: «Heysel, le verità di una strage annunciata». Cosa sta facendo e se ti è mai venuto in mente di cercarlo o se lui si è mai riconosciuto in quella foto?

«La foto è di Salvatore Giglio, come tutte le altre nel libro, ed è storica: chi non ricorda la copertina del Guerin Sportivo diretto da Italo Cucci col titolo “Olocausto”, a me ne hanno regalata una copia e quando con Bradipolibri abbiamo ripubblicato il libro nel 2010 l’abbiamo scelta per la copertina, anche se meno cruda dell’originale. L’uomo disperato esprime tutta la follia dell’Heysel: morire per assistere a una partita di calcio, inaccettabile, ieri come oggi. Una foto che racconta tutto prim’ancora di leggere il testo. L’uomo con lo sguardo rivolto al cielo e che, presumibilmente, si chiede perché, com’è potuto accadere, tiene la testa di un altro tifoso sulle ginocchia, in mezzo alla calca e ai soccorsi. Non so se si sia mai fatto vivo con Giglio o il Guerin Sportivo e senza le fonti è stato impossibile sapere chi fosse».

5. Il tuo libro che sopra abbiamo citato è stato definito “La Bibbia sull’Heysel”, vorrei sapere se sai chi ha coniato questa definizione, se ti lusinga come credo di si e perché è considerato tale?

«È stata Emanuela Casula, che a Bruxelles ha perso il padre, Giovanni, e il fratello, Andrea, la vittima più piccola. Nel 2005 Sky produsse un documentario sui vent’anni dell’Heysel e in quell’occasione, dopo essere stati ad Arezzo dalla famiglia Lorentini e da me, riuscirono a contattare Emanuela che viveva vicino Roma. Parlando col giornalista di Sky lei pronunciò quelle parole riferite al mio libro, il collega fu poi così corretto da riportarmele. Per me valgono più di qualsiasi recensione o classifica di vendite, sono la consapevolezza che ho fatto la cosa giusta e che l’ho fatta nel migliore dei modi, da giornalista, appassionato, arrabbiato, di parte (come spiega bene Roberto Beccantini nell’introduzione), e da uomo. Con Emanuela ci siamo sentiti più avanti, sono rimasto molto colpito dalla sua lucidità e dall’elaborazione di quella tragedia, da come era rimasta sorpresa dalle scuse di Marco Tardelli che da Giovanni Minoli vedeva per la prima volta certe immagini. Senza dimenticare che Otello Lorentini, il quale in curva Z ha perso l’unico figlio Roberto (medaglia d’argento al valore civile per essere morto tentando di salvare un connazionale, forse lo stesso Andrea), già presidente dell’Associazione fra le famiglie delle vittime di Bruxelles, quando abbiamo dato il ‘visto si stampi’ mi ha detto: “Ecco, questa è la verità”. Troppo spesso ci si dimentica, infatti, che i familiari delle vittime sono stati ‘silenziati’ per diciotto lunghi anni e che il mio libro, volenti o nolenti, è stato il primo ad aprire uno squarcio sul velo di omertà che ha sempre coperto la tragedia dell’Heysel, mi sono chiesto spesso cos’abbia fermato penne ben più importanti e famose della mia, chissà. Il loro riconoscimento per me è la cosa più importante, anche se per onestà intellettuale devo dire che c’è chi, tra i familiari, mi ha rimproverato per essere stato troppo crudo e diretto nel racconto».

6. Hai letto altre cose sull’Heysel se puoi dirmi un altro libro che mi consiglieresti e consiglieresti ai nostri lettori?

«“L’ultima curva” di Nereo Ferlat, “Heysel. La tragedia che la Juventus ha cercato di dimenticare” di Jean-Philippe Leclaire e “Coriandoli bianconeri” di Riccardo Gambelli; poi consiglio la lettura del sito di Domenico Laudadio saladellamemoriaheysel.it».

7. Ogni tanto noto che hai degli scontri verbali, specie su Facebook, con degli ultras, soprattutto Juventini. Il tuo rapporto con loro mi pare sia stato sempre molto severo nei loro confronti, nonostante molti ultras bianconeri oggi hanno mitizzato questa cosa dell’Heysel, non hai fatto mai loro nessuno sconto. Mi spieghi perché?

«Be’ quando si parla di Heysel io non faccio sconti a nessuno, nemmeno a me, e poi dipende sempre dall’approccio e dall’educazione. In troppi, in generale, pensano che sui social o per mail si possa aggredire senza pagare dazio, per giunta con tanta, troppa, disinformazione alle spalle. Ma la cosa che più mi da fastidio sono coloro che parlano della tragedia di Bruxelles bypassando i familiari delle vittime, come se non contassero, come se non dovessero dire la loro, come se non fossero il fulcro di tutto: dove ci sono i morti, c’è un dolore enorme che il tempo ha acuito, lì ci sono famiglie e familiari che meritano memoria e rispetto, se non altro per l’enorme dignità dimostrata in tutti questi anni, soprattutto verso chi ha cercato di dimenticarli. Hai detto bene “hanno mitizzato”, innalzato, messo su un piedistallo senza però farci i conti veramente, perché è dura, perché è difficile, perché significherebbe fare i conti fino in fondo anche con la storia della Juventus e con una coppa che per me non ha alcun valore sportivo. Dopo di ché, per correttezza, devo sottolineare come ci siano familiari che la pensano nello stesso modo e altri che invece considerano quella coppa un trofeo da tenere nello scranno più alto della bacheca, questa libertà di pensiero loro se la sono conquistata col sangue quindi merita il massimo rispetto, gli altri no. Comunque, è vero, i problemi più grandi li ho incontrati con i tifosi juventini, da una parte dimostrando quanto non sia per niente banale o capziosa la mia prima risposta, dall’altra, però, andrebbe chiesto a loro il perché. Un morto non è un vessillo, una sciarpa, un trofeo, non si può sbandierare, si può solo rispettare, se ne siamo capaci, come Claudio “Il Rosso” che porta allo stadio il solito striscione in onore dei 39 morti. Anche lui è un ultrà, anche lui è un tifoso della Juventus, ne difende i colori, la memoria, così come quella della curva che ha vissuto in pieno, eppure ci siamo sempre confrontati con grande civiltà, stima e rispetto. Allora la domanda la faccio io agli altri, perché?».

8. In passato mi sono occupato anche io di questo argomento, sono amico di Carla Gonnelli che ha perso suo papà e che ha rischiato lei stessa di perdere la vita all’Heysel, e sono amico di Giulia Bodnari che con suo marito Rossano si occupano del monumento ai caduti dell’Heysel di Reggio Emilia. Occupandomi di questo argomento ho trovato spesso che le stesse famiglie delle vittime forse con un grande senso di pudore e di dignità hanno rinunciato forse un poco troppo a raccontare le loro storie. Non so se tu hai questa sensazione? È forse accaduto che il dolore le ha fatte chiudere esageratamente a riccio. Perché è avvenuto questo?

«Giulia in questi ultimi anni sta facendo un lavoro enorme che non potrò mai smettere di ammirare e ringraziare. In merito ai familiari delle vittime credo di aver già risposto approfonditamente sui tanti perché. Alla fine mi rendo conto della fortuna che ho avuto con Otello Lorentini, lui che aveva assistito a tutte le udienze del processo in vece delle altre famiglie, lui che aveva conservato tutto il materiale di quegli anni, ha permesso di addentrarmi in quella tragedia dalla porta principale senza dover disturbare (troppo) il dolore degli altri familiari, non sarebbe stato facile, non sarebbe stata la stessa cosa, al contempo ho rischiato molto, sia da uomo che da giornalista, ma Otello è una persona speciale. Ci sono mogli che non hanno più rivisto il marito è mi hanno detto che dopo 28 anni il vuoto è ancora più profondo, un gorgo impossibile da colmare, ecco basterebbe questo, basterebbero le vite stravolte di tante persone per capire che l’Heysel è innanzi tutto la loro storia e solo in un secondo momento lo è anche della Juventus. Poteva essere diverso, invece… Ergo, senza rispetto di modi e parole meglio tacere, tanto nessuno potrà mai cambiare la storia di quella tragedia e le sue verità».

9. Con enorme mia sorpresa il tuo libro anche a distanza di tantissimi anni dall’accaduto è uno dei libri ancora più venduti, perché questa necessità della gente di leggere di questo argomento?

«Non ho una spiegazione precisa, voglio solo sperare che il mio libro piaccia e che ci sia la volontà di saperne di più su una tragedia troppo spesso e troppo in fretta dimenticata. Più venduto, però, non vuol dire automaticamente più successo, per tutto ciò che ci siamo detti fino ad ora affermerei che così aumentano i miei estimatori ma anche i miei detrattori (permettimi la battuta)».

10. I responsabili dell’accaduto hanno pagato tutti o c’è chi l’ha fatta franca?

«In primo grado furono tutti assolti, ma alla fine possiamo dire che c’è stata una giustizia. Era, però, impossibile pensare che il Belgio riuscisse a condannare le proprie istituzioni, che l’hanno fatta letteralmente franca, così ha pagato il capitano della polizia, Mahieu, per tutti. In compenso la condanna dell’Uefa è stata storica e ha fatto giurisprudenza, cosa anche questa mal raccontata e buttata troppo presto nella soffitta dei ricordi; grazie al coraggio di Otello Lorentini e dell’avvocato italobelga Daniel Vedovatto che l’hanno citata in giudizio. Anche gli hooligans l’hanno fatta franca, in relazione a quello che era accaduto, ma la condanna dell’Uefa andrebbe studiata ancora oggi (soprattutto da Platini e soci), in questo senso l’appendice dell’avvocato Vedovatto è illuminante».

11. Hai avuto problemi che so di querele, minacce, o quant’altro, da qualcuno che magari non ha gradito come hai riportato i fatti? Se puoi dirmi anche chi se è possibile, mi piacerebbe.

«C’è stata una querela ma solo per colpa del vecchio editore e dei suoi collaboratori, subito ritirata nei miei confronti quando è stato chiaro l’errore. Per il resto non avevo nulla da temere con due certificazioni di qualità come quelle di Otello Lorentini e Daniel Vedovatto. Questo non toglie che il libro abbia dato fastidio a molti, ma una cosa mi ha letteralmente scioccato. Ero insieme ad altri colleghi a una trasmissione televisiva dedicata all’Heysel e in un momento di pausa uno si avvicina e mi fa: “Ma tu sei matto?”. “Perché?”, rispondo io. “Dare contro alla Juventus” chiosa. Non so come devo averlo guardato. Una cosa è chiara, il libro non fa sconti a nessuno e ognuno sa come si è comportato, chi ha fatto e detto cosa, ci sono immagini e foto che raccontano più di ogni libro, ci sono famiglie che aspettano ancora le scuse, dopo 28 anni. Mi dispiace ma io non faccio sconti a nessuno, troppo dolore e poca memoria. Poi ci sarebbe una mail… che ho promesso di non rivelare a chi me l’ha girata, sono un uomo di parola e non tradisco».

12. La Juventus del Presidente Andrea Agnelli che rapporto ha con questa tragedia è cambiato qualcosa rispetto al passato? Trovi che la Juventus come giocatori e come squadra dovrebbe ricordare ogni anno questa ricorrenza magari anche con dei fiori allo stadio o qualcos’altro?

«Andrea Agnelli ha il merito, enorme, di aver riaperto il libro dell’Heysel dopo 25 anni in casa Juventus, un atto di coraggio con la messa e con una parte del museo dedicata alla tragedia di Bruxelles (spero che abbiano corretto un cognome di una delle vittime, inizialmente sbagliato). Mi piacerebbe che continuasse, non so se hai visto come a Liverpool (già, proprio loro) ricordano Hillsborough ogni anno, l’Heysel è la Superga della Juventus, dovrebbero ricordarla con identico onore e rispetto».

13. I giocatori della Juventus attuale non mi sembrano granché coinvolti nella cosa è giusto cosi o andrebbero maggiormente informati? In fondo anche i più anziani come Buffon e Pirlo all’epoca dei fatti erano piccolissimi, figuriamoci gli altri.

«Loro non c’erano, ma Pioli c’era e pare essersene completamente dimenticato, come Prandelli d’altronde, peccato li stimo molto come tecnici. A questi giocatori, a questa nuova Juventus possiamo chiedere solo il rispetto della memoria, quello che una grande società deve a una tragedia del genere, basta imparare da chi ha saputo fare meglio in tutti questi anni. Il post più emozionante lo ha scritto Del Piero quando era ancora a Torino, un ricordo di quella notte da bambino, uno dei suoi ‘gol’ più belli in maglia bianconera».

14. Ti vedremo a Reggio Emilia quest’anno?

«Sono un freelance in balia della professione, quindi non posso fare promesse: se il lavoro me lo permette ci sarò».

Grazie a Francesco Caremani

Pagellone di fine campionato – Valutazione finale

Gian Luigi Buffon

Marco Storari

 

Giorgio Chiellini

Andrea Barzagli

Martin Caceres

Leonardo Bonucci

Paolo De Ceglie

Stephan Lichsteiner

Federico Peluso

 

Paul Pogba

Simone Pepe

Claudio Marchisio

Simone Padoin

Andrea Pirlo

Kwadwo Asamoha

Arturo Vidal

Emanuele Giaccherini

Mauricio Isla

Luca Marrone

 

Mirko Vucinic

Sebastian Giovinco

Niklas Bendtner

Nicolas Anelka

Fabio Quagliarella

Alessandro Matri

 

Antonio Conte

 

Rigore si, rigore no…e questa è la vita.

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Articolo di Alessandro Magno

 

Poche considerazioni su una partita da ”rompete le righe”. In toto i nostri non mi sono dispiaciuti. Anche con una squadra che definire b non è un offesa, vista la dose massiccia di seconde linee impiegate, la partita l’abbiamo fatta noi. Mi è piaciuto molto lo spirito e l’abnegazione di quasi tutti i giocatori anche sotto di 3-1 quando la partita era agli sgoccioli. Segno di un carattere indomito che il nostro mister è riuscito a forgiare in questi ragazzi.

Non mi piace perdere e non mi è piaciuto neppure a Genova in questa partita inutile, tuttavia va detto che fra gli sprechi nostri in fase realizzativa e i regali dell’arbitro Gervasoni è andata anche bene che è finita 3-2. Il rigore della Samp è palesemente inventato di sana pianta, mentre ce n’è un paio per la Juve non dati. Uno clamorosissimo per un ponte su Bendtner che nella caduta si rompe anche un polso. L’altro che potrebbe anche non esser cosi evidente ma che alla luce di quello dato a Icardi è clamoroso.
La cosa più incredibile è che l’arbitro Gervasoni prima lo fischia e poi dice candidamente che si è sbagliato, facendo riprendere la partita da una palla contesa in area. Ora io ho 40 anni e seguo il calcio da oltre 30 , a memoria mia non ricordo mai di un arbitro che ha cambiato una sua decisione senza un motivo valido. Ho visto arbitri dare magari un rigore e poi toglierlo perchè il guardalinee gli ha fatto notare che c’era un fuorigioco o un fallo precedente, ma un arbitro che prima lo concede e poi dice: ”Scusate mi sono sbagliato”, io non l’ho mai visto.

Si dice che la Juve ha mancato dei record. Be quest’anno qualcuno l’ha centrato. E’ la prima squadra che fa giurisprudenza, lo fa per ben due volte nello stesso campionato e lo fa per ben due volte con squadre di Genova. Un poco di partite orsono si cambiò l’applicazione del regolamento sui falli di mano dopo il famoso mani di Gronquvist, ora si cambia sui rigori. Un arbitro da oggi puo darlo e poi toglierlo. Non s’era mai visto.

E forza Gervasoni facci un gol….

 

Gli articoli di Alessandro Magno escono su:
ilblgodialessandromagno.it ,  Juvamania.it ,  ladivinajuventus.it , ilbianconeronews.blogspot.it

Sampdoria – Juventus 3-2

http://www.dailymotion.com/video/x100csf

Sabato 18 maggio 2013 Sampdoria-Juventus – Stadio Luigi Ferraris – Genova – poteva finire meglio .. arrivederci ragazzi!

 

Scritto da Luna23

Sampdoria vs Juventus - Serie A Tim 2012/2013

 

Questo finale di campionato iniziato con un pareggio è finito con una sconfitta che obiettivamente si poteva evitare, con i biglietti aerei in tasca verso qualche meta esotica, la Juventus non si è impegnata un gran che  almeno per pareggiare. Dopo un primo tempo dove la Juventus non aveva particolarmente brillato,  era comunque  passata in vantaggio lo stessto, con un gol di Quagliarella, trasformato da un assist di Pirlo, tutto faceva pensare all’ennesimo trionfo della Juventus, ma putroppo non è andata così. Subito dopo il vantaggio della Juve, l’arbitro Gervasoni, sarà stata la pioggia battente o la fine del campionato, ha uno slancio di generosità, “se la sente” di concedere un calcio di rigore alla Sampdoria molto opinabile. Alla squadra genovese non sembra vero e si butta a pesce pareggiando con Eder, sul 1-1  si va a riposo.

No comment circa la decisione dell’arbitro, tutto sommato può capitare .. spazio per rimontare ne avevamo da vendere  .. e invece no. Nonostante la Juventus si sia impegnata per recuperare il risultato, nulla poteva fermare la Sampdoria che improvvisamente si riorganizzava  contrastando  tutte le azioni della Juve, e non solo, gli uomini di Antonio Conte ci mettono del loro sbagliando numerose palle gol, alcune facili facili, da lì a poco, arriverà il vantaggio doriano, con De Silvestri, 2-1, i nostri cominciano a cadere in confusione, eppure avevano giocato anche bene, bisogna insistere almeno chiuderla con un pareggio, ma niente! La Samp ci crede .. e il nostro ex, Estigarribia consentirà ad Icardi di chiudere la partita sul 3-1, nulla varrà il gol di Giaccherini, peraltro molto bello, la Juventus cadrà a  Marassi .. E va beh ..peccato soprattutto per Conte che teneva arrivare ai 90 punti.

Ora si chiude un capitolo e Antonio Conte avrà di che ragionare, l’aver vinto con così ampio anticipo può aver influito sul rendimento dei giocatori  colti in flagrante dall’attacco doriano;  la verità è che elementi, come Isla e anche per alcuni versi Giovinco non vanno bene e non trovano un ruolo all’interno di questa squadra. Calcio mercato a parte, si dovrà lavorare parecchio per capirne un po’ di più.

Al posto dell’allenatore  non so fino a che punto, il nostro allenatore volesse  vincere veramente la partita, forse era più curioso  di provare quei calciatori che hanno giocato poco,  la sfortuna ha voluto che ad un minuto dall’ingresso,  Bendtner subisse un infortunio al polso e pare anche grave. L’attaccante danese atterrato da un avversario, cade male con tutto il peso sul braccio .. la Juventus dovrà finire il match in 10 che perderà. Ma non è questa la causa della sconfitta Juventina.

 

Il campionato per la Juventus si chiude stasera, si avrà tempo di parlare, discutere .. ma in questa fase, i ragazzi iniziano un meritato riposo. Una stagione difficilissima e travagliata per la formazione di Conte che non è riuscita a coronare il sogno del “triplete” (campionato, Champions e coppa Italia) ma è arrivata prima in Italia contro tutti e tutto, arrivederci ragazzi ..e buone vacanze a voi ..

 

 

 

 

 

 

Prepartita Sampdoria-Juve, prendiamoci l’ultima rivincita.

38a Giornata samp juve 1

articolo a firma di eldavidinho  

Ultima giornata di campionato. Dopo la conclusione dei festeggiamenti, gli argomenti sviscerati durante la settimana e la programmazione per la prossima stagione già cominciata con l’incontro in sede tra Agnelli e Conte, in quest’ultima giornata di campionato resta giusto il tempo per riscattare la sconfitta subita dalla Sampdoria, allo Juventus Stadium nell’ultima giornata di Andata. Così come avvenuto la scorsa settimana alla vigilia della gara con il Cagliari, nell’ultima conferenza stampa della stagione Antonio Conte ha lasciato la parola ai suoi collaboratori. A parlare sono stati i componenti dello staff medico della Juventus. Si comincia da Fabrizio Tencone, coordinatore dello staff medico: “Siamo un gruppo che spesso, giustamente, sta dietro le quinte e lavora durante l’anno con i ragazzi, per curare quando sono infortunati e anche per prevenire”, ha detto il dottor Tencone prima che Conte presentasse Gianluca Stesina, responsabile del settore medico e Luca Stefanini, il medico sociale della prima squadra. Presenti in sala stampa anche il fisioterapista Scolaro e il chiropratico Cavedoni. I giornalisti presenti chiedono al dottor Tencone lumi sulle condizioni di Simone Pepe: “Il suo recupero sta andando bene e procede secondo le nostre tabelle, difficile dare un tempo preciso di recupero”, ha replicato il capo dello staff medico bianconero. “L’aspetto mentale e il morale del gruppo determina le motivazioni per recuperare più rapidamente dagli infortuni”, ha detto poi Stefanini, prima di passare la parola a Stesina. “Vidal e Chiellini ci hanno impressionato per come sopportano il dolore. Ma tutti i ragazzi si sono sacrificati durante la stagione”, dice l’altro componente dello staff. Infine, Tencone su Mauricio Isla: “Isla ha avuto un infortunio grave, durante questa stagione ha recuperato bene, nei prossimi mesi sarà ancora più pronto”.

È un bilancio in equilibrio assoluto quello in campionato tra Sampdoria e Juventus negli incontri giocati a Genova: 18 vittorie a testa e altrettanti pareggi. Solo un gol in più a favore dei bianconeri fa registrare una minima differenza. La Juventus proprio sul campo della Sampdoria ha festeggiato la chiusura di alcuni campionati vincenti. È successo nel 1950, quando la Vecchia Signora è tornata a trionfare dopo l’epoca d’oro del Quinquennio, con uno 0-4 che ha visto andare in gol Muccinelli nel primo tempo e Boniperti nella ripresa con tre reti segnate nel giro di 6 minuti. Più avvincente è stato l’ultimo turno nel 1977. Quattro giorni dopo la storica vittoria della prima Coppa Uefa, la Juve di Trapattoni è chiamata a ottenere i due punti della vittoria per mantenere il vantaggio sul Torino, staccato di una lunghezza. Al termine della prima frazione di gioco le due rivali della Mole sono appaiate in classifica: i granata non hanno problemi con il Genoa, mentre Zoff e compagni impattano 0-0 con la Sampdoria. Nella ripresa un colpo di tacco di Bettega su diagonale di Tardelli e un sinistro di Boninsegna consegnano alla Juve lo scudetto numero 17. Nella squadra ligure, condannata alla retrocessione da quella sconfitta., gioca un futuro grande mister bianconero: Marcello Lippi.

Non ha mezzi termini l’andamento della Sampdoria al Luigi Ferraris, come certificano i soli tre pareggi, a fronte dei sette successi e delle otto sconfitte. Rispetto alle gare in trasferta il saldo dei gol fatti (22-18) e di quelli incassati (20-29) è decisamente favorevole. In occasione dei tre pareggi, i blucerchiati hanno maturato qualche rimpianto. Le sette vittorie sono suddivise in tre con Ferrara e quattro con Rossi in panchina. Le squadre che a Genova hanno ottenuto i tre punti sono state invece: il Napoli, l’Udinese, l’Inter,  il Palermo e infine la Fiorentina.

A una giornata dal termine, sono due i giocatori della Sampdoria che si contendono il maggior numero di presenze: l’ex juventino Estigarribia e Obiang, che rispetto al compagno ha collezionato molti più minuti (534) in virtù della sua titolarità. Due sono gli espulsi per due volte: Costa e Gastaldello (leader anche nei cartellini gialli, ben 13). Un rosso l’hanno collezionato anche Romero, Berardi, Mustafi, Renan e Maresca. Il goleador della squadra è Icardi con nove reti (due delle quali siglate proprio alla Juve nella gara d’andata). Alle sue spalle vi sono Eder con sei, Maxi Lopez con quattro. Munari, Maresca e Poli con tre, Estigarribia e Sansone con due, Costa, Gastaldello, Krsticic, Obiang, De Silvestri e Pozzi con uno.

Delio Rossi deve fare a meno di Renan squalificato, inoltre fermo ai box Rossini oltre Costa e Krsticic. In difesa potrebbe essere confermato Castellini con il conseguente avanzamento di Palombo in cabina di regia a centrocampo. Infine in avanti Sansone freme per giocare.

A Genova rientrerà Pirlo dopo il turno di squalifica, invece mancheranno Pogba e Barzagli: il francese deve scontare l’ultimo turno di squalifica, mentre il difensore si è infortunato contro il Cagliari. Conte potrebbe continare sulla linea del turn-over, possibili conferme per Storari, Marrone, Isla, Giaccherini e Giovinco.

Per Sampdoria-Juventus, ultima gara della stagione bianconera in programma sabato sera, è stato designato l’arbitro Andrea Gervasoni di Mantova. Si tratta della seconda designazione dopo la gara di Catania dello scorso fine ottobre. In totale, sono 10 le gare della Juventus con Gervasoni, nessuna di queste con la Sampdoria. Il bilancio è di otto vittorie e due pareggi. Per il match del Ferraris, gli assistenti saranno Filippo Meli e Roberto Iannello. Il quarto uomo Fabrizio Posado. Gli assistenti d’area Daniele Doveri e Massimiliano Velotto. È stato un piacere poter commentare questo campionato con voi tutti. Alla prossima. Forza Juve.

Rubrica “Attimi Di Juve” – Profilo Twitter: @eldavidinho94 / Profilo Facebook: Eldavidinho Juve. Blog: http://eldavidinho.tumblr.com/

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