Roberto Baggio | Dario legge Il pallone racconta di Stefano Bedeschi

Roberto Baggio Dario legge Il pallone racconta di Stefano Bedeschi #Baggio #juventus #megliodiniente #robertobaggio #ilpalloneracconta #stefanobedeschi megliodiniente.com Giovane talento nato in provincia di Vicenza – scrive Renato Tavella nel suo libro “Il romanzo della grande Juventus” – e passato a deliziare il palato, sempre esigente, dei tifosi della Fiorentina. La vicenda che lo conduce alla Juventus trattiene tutti gli ingredienti dei “gialli” d’autore. La piazza fiorentina che scende in protesta per conservare il suo “gioiello”. Quella bianconera che vede nell’astro emergente la possibilità di rimettere sul gradino più alto la squadra del cuore. Le schermaglie fra le due dirigenze; le voci continuamente smentite, messe in circolazione dai giornali, che vanno a nozze quando si creano situazioni tanto viscerali. Poi il personaggio, il protagonista. Baggio è un ragazzo sensibile, dice che il cuore conta e anche davanti al danaro sa far valere le sue ragioni. Firenze è una città che ama, la squadra gli piace, l’ambiente lo carica. Alla Juventus, che sarà? La vicenda avvince, si scrivono fiumi di parole. In verità, la bravura del giocatore giustifica tanto trambusto. Ha talento. Gioca con fantasia, è ambidestro, segna e fa segnare i compagni. Il carattere è un po’ ombroso, ma l’uomo deve ancora crescere e farsi. Con queste premesse comincia l’avventura juventina di Baggio, che durerà cinque anni. Con i colori bianconeri vince uno scudetto, una Coppa Italia e una Coppa Uefa. Sarà inoltre premiato con il Pallone d’Oro nel 1993 e col premio FIFA World Player nel 1994. Ma non riuscirà mai a entrare nel cuore dei dirigenti bianconeri (celebre è rimasto l’appellativo di Coniglio Bagnato, coniato dall’Avvocato) e nemmeno in quello dei tifosi, che non gli perdonano il togliersi la sciarpa bianconera durante la sua presentazione alla stampa. «Mi ricordo ancora la scena – racconta Antonio Caliendo – quando Baggio passò dalla Fiorentina alla Juventus, in conferenza stampa, davanti ai giornalisti gli misero al collo la sciarpa bianconera e lui la gettò via. Fu un gesto imbarazzante. Io dissi che il ragazzo andava compreso: era come se avessero strappato un figlio alla madre. Ammetto che, quella volta, rimasi molto colpito anch’io». «Non avevo nulla contro i bianconeri – dirà anni dopo Baggio – è che volevo restare a Firenze. E poi la società fece un gioco non bello. Mi vendette senza dirlo. Io dicevo ai tifosi che non sarei andato via e un bel giorno scoprii che, tenendomi all’oscuro di tutto, mi avevano ceduto. Si faceva così, allora. Poi si dava la colpa ai giocatori che volevano andar via per soldi. Balle, almeno nel mio caso. Io volevo restare per gratitudine per la gente di Firenze. Per i primi due anni non ho giocato. Mi hanno aspettato e voluto bene. Come fai a dimenticarli?» La goccia che fa traboccare il vaso avviene il 6 aprile 1991, quando ritorna per la prima volta a Firenze con la maglia della Juventus. Baggio gioca male e si rifiuta di tirare il rigore che potrebbe dare il pareggio alla squadra bianconera; sostituito dopo un’ora, uscendo dal campo raccoglie una sciarpa viola lanciata da una ragazza dei distinti. Il boato di gioia della gente di Firenze è pari soltanto all’uragano di fischi dei tifosi bianconeri. Qualità tecniche superlative, nessuno può metterlo in dubbio, da fuoriclasse assoluto ma che, onestamente, non lo è stato per limiti fisici e caratteriali. La vittoria al Mondiale americano gli avrebbe insegnato a vincere, invece, quel rigore sbagliato lo consacrò definitivamente come Coniglio Bagnato. L’infortunio dell’anno dopo, che gli fa saltare praticamente tutto il girone d’andata, e l’esplosione di Del Piero, lo relegano di nuovo al ruolo di ciliegina sulla torta, come accadrà in seguito al Milan. Il palmarès è troppo esiguo per includerlo nell’Olimpo e, a ben vedere, in nessuno dei due scudetti fu veramente decisivo, anche se non solo per colpa sua. Pochi, infatti, ricordano che, per lunghi anni, è stato l’oggetto delle polemiche di chi lo considerava un raccomandato, sull’altare del quale veniva sacrificato Zola. Poi, piano piano, è diventato l’idolo del circo televisivo, per assurgere a vittima di Del Piero; la bellezza del nostro sistema giornalistico. Con la Juventus, oggettivamente, ha fatto il massimo; aveva contro un Milan inavvicinabile e, quel poco che ha vinto (tranne lo scudetto), lo ha fatto da protagonista quasi assoluto (la Coppa Uefa la vinse da solo, finale a parte). Unico lo è stato sicuramente per la capacità di dividere l’opinione pubblica. Gli ultimi anni era diventato insopportabile per l’aura di santità che circondava qualsiasi cosa dicesse o facesse. A suo favore, il fatto che lasciato il calcio sia sparito, senza lucrare sulla sua popolarità immensa. Davvero un personaggio controverso che, però, ci ha lasciato almeno una trentina di goal indimenticabili.

COSÌ LO RACCONTA CAMINITI, NEL 1991…

http://ilpalloneracconta.blogspot.com/2016/02/roberto-baggio.html

  1. IL CONIGLIO BAGNATO

    Il soprannome che gli aveva dato l’avvocato.
    A Baggio non piaceva quel soprannome, anche se diceva che Agnelli glielo aveva messo per spronarlo.
    Come ai migliori anche Baggio era svegliato all’alba dalle chiamate telefoniche dell’avvocato.

    Il mio ricordo di Baggio: La faccenda del leader mancato va avanti tutt’ora.
    Forse perché era troppo buono in campo, oppure non lo aiutava la sua faccia, forse qualcuno pensava che una volta arrivato lui alla Juve tutti i problemi fossero risolti.

    Era importante, lo sapeva anche lui, ma non sempre si è dimostrato all’altezza…e però non poteva essere sempre lui da prendere come capro espiatorio quando le cose andavano male.

    Poi, ci si mise pure Platini con la storia del 9,5…in seguito Michel gli spiegò il significato…quella di Le Roi non voleva essere una critica ma una semplice constatazione.

    Secondo me Baggio non era un 10 dieci puro nel senso classico del termine, non era nemmeno un trequartista…Roberto preferiva agire in fase più avanzata, spesso come un attaccante…proprio come un vero 9…e i giornalisti hanno interpretato a modo loro il termine 9,5 di Platini.

    Il bilancio fu sostanzialmente positivo nei primi 4 anni di Baggio alla Juve, anche se si è vinto molto meno di quanto tutti speravamo.

    Credo anche che Baggio alla Juve ne uscì fortificato soprattutto
    dagli insegnamenti di Trapattoni che Baggio ancora oggi ne tesse le lodi del mitico Trap.

    Buona serata

  2. Mah,
    Sicuramente uno che dava del tu al pallone ma appariva timoroso e fragile nel gioco che è di contatto. Piedi ottimi, pochi come lui, ed anche intelligenza, ma il suo difetto stava nel contrasto e nella antijuventinita’ per altro malcelata.non che tutti gli arrivi debbano essere juventini sfegatati, ma un poco di forma professionale, x favore.

    Se devo dire la verità non sono mai riuscito a digerirlo molto perché due volte ha offeso i colori dove era arrivato, e spesso si giocava in dieci. Non tirare quel rigore è stato il massimo della sua inadeguatezza che non si addice ad uno sport. Trovo ingiustificabile questa storia anche per altri episodi, allora, i soldi li prendi, parla chiaro e vaffanculo.

    Sulla persona particolare e carica di controsenso, non voglio andare per rispetto ma una cosa devo dirla, Niente che collimasse anche con la sua fede, Buddista, ma che si sciroppava solenni ed interminabili battute di caccia in Jugoslavia con un mio conoscente, ristoratore e suo amico.

    Per me una parentesi e stop, interrotta da uno si, con le palle, Alex DelPiero. Fine.

  3. E mo’
    Fiato alle trombe…
    Eh Max?……

  4. giuseppe ravara

    Bravo è bravo,,ma alla juve non ha scaldato i cuori…almeno il mio

  5. Bravo era bravo,ma alla Juve non ha scaldato tanto i cuori…almeno non il mio

  6. Vero Baggio fu venduto a sua insaputa, già nell’inverno precedente.
    Ci fu un accordo tra Berlusconi ed Agnelli per non farsi concorrenza, la Fiorentina invece lo fece per soldi.

    Non vero, Baggio la coppa UEFA la vinse da solo finale compresa.
    Doppietta in casa e gol al parco dei Principi contro il PSG in semifinale.
    Doppietta a Dortumund nel 3 a 1 che rese il ritorno una formalità.

    In conclusione, Baggio non fu mai juventino, non fu il campione dei bianconeri, fu il campione di tutti.
    Non vinse, molto ma la squadra era quella che era, ed in Nazionale non raccolse perchè anche li vi erano nazionali più forti.
    In USA, il Brasile non era più forte, purtroppo i nostri erano più deboli e Sacchi fece giocare due giocatori zoppi, Baggio e Baresi.

  7. Dato a Baggio ciò che è di Baggio, il soggetto non può no essere la Nazionale.

    Venivamo da un periodo nel quale senza i campioni nulla si poteva fare.

    Venivamo da un periodo nel quale con i giocatori che ho di più non posso fare.

    Per tacere del periodo sciagurato di Ventura.

    Ieri invece con in campo degli ottimi ragazzi e con la forza delle idee, ma soprattutto senza i “campioni Chiellini e Bonucci abbiamo assistito ad una delle migliori Nazionali degli ultimi anni.

    Che dire?

    Pare al fine che giocar bene si può e soprattutto se giochi bene è più facile vincere.
    Servono i campioni?
    Sicuramente, sono quelli che ti fanno trionfare, ma serve un progetto di fondo, giocatori funzionali gli uni con gli altri.

    Mi fa soprattutto piacere vedere l’imbrocchito Bernardeschi giocare alla grande in una posizione “sua” in una squadra che sa cosa fare.

    Quindi in ambito Juve che dire?

    Forza Pirlo!

    È tutto nelle tue mani.

  8. A Baggio da parte mía solo un grande ringraziamento per aver scelto di giocare a calcio.
    Uno di quei giocatori che hanno reso magico questo sport.
    Figlio di un calcio in cui lo spazio per i grandi fantasisti era sempre più ridotto, riesce ad ergersi tra i migliori in un epoca in cui in Italia c’erano i più forti.
    Un romantico, al quale non è stato permesso di legarsi ad una maglia. Ha scelto quella della nazionale.
    Persona riservata, che non amava tutto ciò che ruotasse intorno al calcio. Lui si trovava a suo agio sul campo. Uno dei più grandi talenti italiani di sempre.Un vero artista del pallone.
    Ad avercene di giocatori così!

  9. Mi tolgo il cappello alla tecnica e rispetto I pareri.

    Sta di fatto che quasi tutti gli allenatori lo hanno scaricato.
    Un vero campione si mette al servizio della squadra lui era uno sfascia spogliatoio. Scontroso,inaffidabile caratterialmente, privo di coraggio, discontinuo, anche al Milan e Inter.
    Quindi alla fine, visto che il calcio non è singolo, non posso ammirarlo al 100%.
    Se per giudizio globale guardiamo solo le capacità tecniche facciamo un discorso parziale. Il vero campione è altro.

    • Tino,era scontroso e strano è vero, ma in quel periodo in cui il gioco di Sacchi ( quello che vinceva e dettava legge) che voleva il talento come mezzo ma sempre a disposizione della squadra era considerato, come dici anche dagli altri allenatori, un plus e non un uomo funzionale alla squadra stessa.
      Anche De Piero, prima che spedissero la Juve in serie b era considerato da Capello un panchinaro di lusso e non più un titolare irremovibile.
      Nel Bologna e nel Brescia poi, ( o viceversa, non ricordo più la sequenza) Baggio si rivelò un perno imprescindibile e di cui era solo un peccato non poterlo utilizzare per quanto riusciva a dare a tutta la squadra. Un pò come questo Ibraimovich oggi con il Milan, che sarebbe 0 se non cifosse il vecchio marpione a risolvere ogni problema.

      • Del Piero panchinaro?
        Capello mutava la squadra ogni minuto. Non sostituiva per molti motivi se non per cambiare assetto in campo. E faceva bene.
        Resta il fatto che se andate a vedere nessun allenatore ha giudicato baggio scevro da problemi tattici. Ma tutti eh..

        • Del Piero nel 2004 2005 41 partite delle quali 27 dal primo minuto

          2005 2006
          48 partite 27 dal primo minuto

          Età 30 31 32

  10. Baggio? L’ho ammirato sul campo più volte, talento puro ma come lo definì giustamente l’Avvocato un coniglio bagnato se doveva metterci il fisico.
    Fisico martoriato per degli incidenti che aveva avuto ad inizio carriera, ha addirittura una gamba più corta dell’altra e come Garrinchia ( per chi se lo ricorda) “miracolato” a saper giocare in quel modo a calcio. Pertanto per me è stato un fuoriclasse a tutto tondo anche se aveva un carattere strano e contraddittorio. Non voleva venire alla Juve e fece quanto è stato ben descritto da Tino
    tanto da renderlo antipatico ai più dei tifosi bianconeri, ma ricordo pure che ci furono dei sit-in quando fu venduto dalla Juve e nella fattispecie lui ebbe la stessa reazione avuta a Firenze dopo i 5 anni passati alla Juve stessa.
    Del Piero fu il nuovo e viva De Piero per quanto ha fatto dopo, ma quel Baggio era una perla di altro valore con in suoi pro e contro. Per me, alla Juve, allo stesso livello di Platini che di quelli che ho potuto ammirare reputo il” non plus ultra “.

    • Sono d’accordo: solo Platini, come talento, può essere accostato a Baggio.

    • Come è stato sputato in faccia ad Allegri di tutto e di più la stessa cosa la si sta facendo a Del Piero…dopo tutto quello che hanno fatto vincere alla Juve.

      Buongiorno ☕

  11. Baggio è il calcio romantico e alieno dai suoi intrighi e gelosie. Un uomo di grande sensibilità e di talento inarrivabile, martoriato da infortuni a catena.
    Il suo peccato più grande è stato quello di non avere la maglia di una squadra tatuata sulla pelle.

    Ma perfino nel suo ultimo anno nel Brescia, prima dell’ennesimo infortunio era capocannoniere con 8 gol in nove partite.
    Il suo talento suscitava gelosie, e non era un peloso cercatore di consensi.
    Perciò un alieno del calcio in tutti i sensi.

  12. Non capisco perché, invece di parlare di Baggio e della sua innata classe, si debbano per forza fare confronti…perché?
    Cosa c’entrano i Platini, i Del Piero e tutti gli altri…non lo capisco.

    Il confronto lo si potrebbe fare a domanda, come ad esempio tra due giocatori che hanno giocato nello stesso periodo…già stona il confronto tra Pele e Maradona…due epoche diverse e tanto ancora.

    Saluti

  13. IL TRAP NEL CUORE

    “È stata una fortuna aver lavorato con lui(Trapattoni).
    Lo conoscevo di fama, qualche anno aveva ancora stravinto il csmpionato, con l’inter.
    Uno dei migliori al mondo, mi disse che credeva in me, che ci saremmo intesi.
    È stato di parola.

    È indubbio che preferissi giocare più avanzato, ma capivo le esigenze di Trapattoni: lui mi ha chiesto maggior sacrificio e mimor estro.
    Oggi come allora comunque, Trapattoni può chiedermi tutto quello che ritiene necessario, a livello tattico.
    Pur di giocare ai Mondiali con la sua Nazionale, vado anche in porta…(…)”
    Roberto Baggio

  14. Non l’ho mai nascosto che mi faceva impazzire anche quando era a Firenze. Ho avuto la fortuna di vederlo più volte giocare dal vivo. Una delizia. Qhando giixavoa pallone con gli amici mi legavo sulla testa una sciarpa della Juve che poi scendeva dietro la testa simulando un codino. Ero inguardabile ma chi se ne importava…x un’ora mi sentivo Baggio.

  15. IL TEMA È BAGGIO E PARLIAMO DI BAGGIO

    Baggio alla Juve di Maifredi, per capirci, quando vinse il Campionato la Samp di Mancini e Vialli ’90-’91…Baggio e la Juve solo settimi.

    Forse non tutti ricorderete il suo esordio alla Juve contro il Parma il 9 settembre del 1990 a Parma 1-2.
    Il primo goal in bianconero fu un calcio di rigore, anche il secondo goal fu su calcio di rigore la partita successiva contro la Dea a Torino(1-1), così come il terzo goal contro il Cesena alla terza partita.

    Il suo ultimo goal con la Juve in coppa lo segna il 18 aprile 1995 in semifinale (ritorno) di coppa Uefa in Germania contro il Borussia Dortmund, invece l’ultimo in assoluto e di rigore come il primo all’esordio juventino prima di lasciare la Juve fu il 13 maggio a Genoa in campionato (0-4 Baggio, Ravanelli, Jarni, Vialli).

    Saluti

  16. Barone,
    Baggio e Del Piero, due grandissimi, probabilmente gli ultimi, insieme a Totti, grandi numeri 10 italiani. Nel calcio spesso sono inevitabili, per quanto antipatici, i paragoni.
    Tutti ricordate il “coniglio bagnato” ma anche l’Avvocato, stuzzicato dai giornalisti, si lasciò andare al paragone parlando di Raffaello e Pinturicchio.

    • Kris
      Il mio post su Baggio è il primo di questo topik…e sul mio non trovi paragoni con nessun altro giocatore…
      Noto con molta frequenza che vengo frainteso.

      Mi è d’obbligo rispondere ad Antonio…ma lo faccio a parte.
      Ciao

  17. Un giorno apro il giornale e leggo che la Reggina sta trattando Baggio. Telefono a Cesare Medori, un amico di Roberto, una cara persona che non c’è più e gli chiedo: “Ti chiedo un piacere, chiamalo e fammi parlare con lui”. Baggio mi disse che era vero ma che non era convinto perché non voleva allontanarsi dalla famiglia. Colsi al volo l’opportunità e gli chiesi: “Ti piacerebbe giocare a Brescia?”. Roberto rispose: “Magari”. Saltai in macchina, andai nell’ufficio del presidente Corioni e gli proposi: “Perché non portiamo Baggio a Brescia?”. Corioni ci pensò un attimo e rispose: “Baggio è come il cacio sugli spaghetti”. Roberto stava allenandosi a Caldogno, con il suo preparatore personale. Mi raccontò “Dribblo il mio preparatore e davanti ho il deserto”. Questa è la storia dell’emarginazione di Roberto Baggio. Perché fu emarginato? Dicevano che era rotto. Un paio di allenatori importanti gli avevano fatto terra bruciata. Cattiverie… Da anni Roberto aveva un ginocchio che lo faceva tribolare, ma si curava. Si presentava agli allenamenti un’ora prima per fare fisioterapia e potenziamento ed era l’ultimo ad abbandonare il campo. E poi le partitelle con lui diventavano poesia… Che cosa ha rappresentato Baggio nella mia carriera? Mi ha reso bello il finale. Sono stato un allenatore fortunato: vivere il tramonto della mia professione con lui è stata una magnifica esperienza. È stato difficile gestirlo?
    Gestire Robi è stata una passeggiata. Era silenzioso, educato, rispettoso, umile. Non ha mai fatto pesare la sua grandezza. Era un amico che mi faceva vincere la domenica.
    Baggio è stato uno dei più grandi calciatori italiani di sempre. Ma è stato più grande come uomo. Sì, lo posso dire: l’uomo supera il giocatore…”
    C. Mazzone

    • Anche Mazzone rimarca un aspetto importante:
      l’uomo Baggio. Da qui si deve partire che si vuole veramente capire anche lo spessore del calciatore e certe sue scelte impopolari.

      Il suo calcio era(è) infatti poesia. E la poesia non muore mai, perché descrive cose immortali.

  18. @Antonio

    Parliamo di Del Piero con Capello:
    Stagione di ADP10 2004-05: 41 presenze (2726 minuti) e 17 reti di cui 12 di dx, 3 di sx e 2 di testa; 4 rigori e 5 assist.

    Stagione in dettagli:

    Campionato 30 presenze 14 reti

    Coppa Italia 1 presenza 0 reti

    Champions 10 presenze 3 reti

    STAGIONE 2005-06

    45 presenze(2413 minuti) e 20 goal di cui 10 di dx, 9 di sx, 1 di testa; 5 su punizione, 3 su rigore e 6 assist.

    Dettagli stagione 2005-06

    33 Presenze in campionato 12 reti

    5 presenze in coppa Italia 5 reti

    7 presenze in Champions 3 reti

    Capocannoniere Coppa Italia.

    Chiedo scusa, Del Piero in questo topik non c’entra…

    • Guarda Max che io ho sempre apprezzato Del Piero, Peró se te la devo dire tutta, preferivo Baggio.
      Rimasi male quando lo vendettero così come ero contento invece quando presero Buffon, Turam e Nedved con quanto recuperato dalla vendita al Real di Zidane.
      Quanto ai dissidi nel 2005/06 tra Del Piero e Capello che gli preferiva spesso e volentieri Trezeguet e scusa se è poco, Ibrahimovic, puoi mettermi tutti i numeri che vuoi, ho solo detto quanto accadeva.
      L’altro martedì scorso dopo la partita della Juve in coppa c’erano in studio su sky , Capello dallo studio e Del Piero in collegamento da Los Angeles e, penso che anche tu hai sentito quanto Del Piero ancora ricorda quel periodo.
      Riguardo ai paragoni cui non ti senti in sintonia, ho solo detto un mio parere tra i campioni che ho visto giocare nella Juve, ed Il talento di Platini, sempre secondo il mio modesto parere era paritario solo a quello di Baggio.
      Che poi Del Piero sia diventato come Boniperti la bandiera della Juve dei nostri tempi, è ancora un altro discorso. È come dire che Sivori ( che almeno io non ho mai visto) sia stato meglio di Boniperti stesso, ma questo non significa dire di aver detto un eresia.😉
      Tutto qua.

  19. LA STORIA C’È CHI LA SCRIVE E CHI LA PUÒ SOLO LEGGERE

    Andrea Agnelli, presidente della Juventus, in seguito all’emissione del francobollo celebrativo dell’ultimo scudetto: “Riscrivere la storia e superare se stessi è diventato da ben nove anni una piacevole abitudine per tutti coloro che portano il vessillo bianconero nel cuore. Pur cambiando interpreti, a cominciare dalla guida tecnica affidata a Maurizio Sarri, la Juve ha dimostrato di possedere un DNA unico, in cui lo spirito combattivo è secondo solo alla voglia di vincere che impernia questa società.
    È giunto al termine di un’annata molto particolare, contraddistinta da una terribile epidemia che ha sconvolto il mondo, colpendoci tutti in modo tanto duro quanto inaspettato. Protratta in estate e ha costretto i nostri campioni ad uno sforzo supplementare per mantenere l’egemonia nel campionato nostrano.
    Nuove sfide ci attendono, cui siamo certi di arrivare pronti e fiduciosi grazie alla passione e alla determinazione che poniamo nel nostro lavoro quotidiano.
    Per mostrare ancora una volta cosa significhi essere della Juve.
    Per mostrare ancora una volta di essere i più forti”.

    #finoallafine

  20. Anche se quassú di millenials non ce ne sono, mi sembrava carino questo breve pezzo su Baggio:

    Caro Millennial che pensi che come tocca Messi il pallone nessun altro mai, che adori Cristiano Ronaldo e metti «Like» ad ogni sua posa palestrata e che ritieni Balotelli uno che se solo volesse, beh, se solo volesse spaccherebbe il mondo; ecco, provo qui a spiegarti che c’è stato un fuoriclasse unico, speciale e definitivo, un ragazzo che giocava come chi fa surf tra le onde imbizzarrite o chi passeggia con la fantasia tra le stelle, un campione che era come noi, magrolino, bassino e un po’ timido, solo molto più bravo di noi, ma talmente più bravo di noi – caro Millennial – che quando pensiamo a lui – quando pensiamo a Roberto Baggio – non possiamo che scioglierci in una spremuta di emozioni.

    E’ stato un poeta. Con i piedi ha scritto pagine memorabili. E’ stato anche un solitario, si bastava a se stesso. Firenze per lui è scesa in piazza, non reggeva all’idea che il figlio prediletto partisse. Con la Juventus ha conquistato il Pallone d’Oro. A Bologna prima e a Brescia poi, con Mazzone, è rinato, quando tutti lo davano per finito. E’ l’unico caso di fuoriclasse italiano trasversale, amato da tutti, perché ha giocato un po’ ovunque, dal Vicenza alla Fiorentina, dalla Juventus al Milan e poi all’Inter fino al Bologna e al Brescia.

    E ovviamente Baggio ha giocato con la maglia azzurra, regalandoci perle di assoluta bellezza e riuscendo persino a fissarsi nella nostra memoria per un errore, il rigore sbagliato contro il Brasile nella finale del Mondiale di Usa 94. Ricordiamo tutti dove eravamo quel giorno, è ancora lì, quel cielo americano di cartapesta che inghiotte il pallone calciato da Roby. Cose che capitano solo alle divinità. Caro Millennial, c’è un libro – l’ha scritto Raffaele Nappi e si intitola Roberto Baggio. Divin Codino – che racconta come si possa partire da Caldogno – profonda provincia veneta – e conquistare il mondo a colpi di piede.

    I suoi dribbling erano ricami. La sua classe poggiava su ginocchia martoriate, una mappa del dolore lunga 220 punti di sutura. Duecentoventi!!! A diciassette anni era senza menischi. Una volta a Vicenza l’abbiano visto segnare un gol ballando – hai letto bene: ballando – sotto il diluvio universale, un’altra volta a Torino ha messo a sedere due difensori spostando appena le sopracciglia. Per il suo addio – nel maggio del 2004 – tutta San Siro si alzò in piedi per ringraziarlo. Lui alzò la mano, ringraziò e se ne andò, a testa bassa, come sempre.

    Colpiva il pallone con una grazia che non abbiamo più riscontrato. Sai qual era il segreto? Lo amava, quel pallone. Fin da bambino quando con i suoi fratelli giocava nel campo dietro casa, fino a quando sua madre non li chiamava tutti per cena e lui era sempre l’ultimo perché doveva allenarsi a calciare le punizioni alla Baggio, palombelle dolci come carezze che finivano all’incrocio dei pali e dei desideri.

    Sai caro Millennial, Baggio agli allenatori stava un po’ sulle scatole. Perché gli faceva ombra, perché gli bastava un dribbling dei suoi per mandare all’aria ore e ore di lezioni tattiche. Baggio è stato un lampo di giovinezza durato vent’anni, è stato un lusso perché il talento dei campioni come lui – e ce ne sono una manciata nella storia del calcio – è l’arte di fare sembrare appunto lusso quello che gli altri chiamano necessità. Roby Baggio non è mai appartenuto a nessuno se non a se stesso. Per questo è stato di tutti, caro Millennial.

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