Detto fatto. Missione compiuta. Contro il Genoa la Juventus è riuscita, non senza fatica e difficoltà, a vincere ed a tenere il passo della Roma, vittoriosa ad Udine non senza polemiche nell’anticipo del sabato sera. A dire il vero, il lunch match non si è messo nel migliore dei modi. Delneri non conferma il 4-3-3 di Roma come tutta l’Italia sportiva ha scritto sui giornali e detto nelle TV (Sky addirittura mette Pepe seconda punta nella lettura delle formazioni iniziali, a conferma del fatto che Delneri, effettivamente, di moduli e differenze ne sta provando mettendo in crisi gli addetti ai lavori) bensì, nei primi minuti, ha effettivamente provato il 4-2-3-1 sperimentato in allenamento nei giorni antecedenti al match con Marchisio più avanzato di Aquilani e Melo (in mediana), Krasic a destra, Pepe a sinistra e Matri a fare reparto da solo. Difesa confermata fatta eccezione per l’entrata di Traorè al posto di Grosso squalificato. In porta Storari come pronosticato alla vigilia. In panchina non ci vanno né Del Piero né Buffon. Al pronti via, il 4-2-3-1 disegnato da Delneri funziona eccome se non fosse che Bonucci, al momento sbagliato nel posto sbagliato, devia un innocuo passaggio di Antonelli nella porta difesa da Storari. È sembrato che la sfortuna fosse tornata a perseguitare questa squadra ed il tabù delle tre vittorie consecutive fosse tornato un miraggio. Tornati i fantasmi di qualche settimana prima e le paure che hanno attanagliato la squadra dall’inizio del nuovo anno, Delneri ha deciso a metà del primo tempo di tornare al 4-4-2, più difensivo e meno spavaldo del 4-3-3 da ripartenza, inadatto in questo match. Matri troppo solo, Melo unico mediano, manovra troppo accentrata e Pepe e Krasic inconsistenti. Genova è un’altra realtà, diversa da quella di Roma e quindi meglio farsene una ragione, in fretta. Così, con Krasic nel ruolo di seconda punta a sostegno di Matri, nelle vesti del ‘cavallo pazzo’ di Roma che tanto è piaciuto ai tifosi, la Juve ha cercato di rimettere in piedi le sorti del match. L’intento, naturalmente, quello di bloccare le avanzate del Grifone sulla fasce. La musica non è cambiata mica perché contro la squadra organizzata, ordinata e schierata di Ballardini la Juve ha continuato a mostrare incertezze e mollezza di mezza estate. Marchisio si accentra, Pepe va a sinistra, Krasic a destra, Aquilani avanza ma niente, neanche altri cambiamenti tattici, in corsa, rivitalizzano la manovra di una squadra partita con intenzioni buone e colpita a freddo da un autogol maledetto. Il primo tempo scorre senza grosse occasioni da rete se non un sussulto di Pepe, uno di Melo e la bella parata ravvicinata di Eduardo su colpo di testa di Bonucci. Il secondo tempo, partito sulla falsariga del primo ma con abnegazione maggiore da parte dei bianconeri, sancisce la fragilità della nostra difesa, tornata quella preoccupante di qualche giornata fa. Al gol rivitalizzante di Pepe (jolly di giornata, nell’occasione spostato dal mister come seconda punta per dare maggior peso all’attacco) ha risposto subito quello di Floro Flores, bravo a segnare dopo un’azione manovrata dai suoi compagni di squadra ed un errore tattico complessivo della nostra retroguardia, troppo vulnerabile in questi frangenti. Matri rimette i conti in parità dopo una bella sponda di Toni, uomo assist nell’occasione. A fare la differenza, per fortuna, sono stati proprio i cambi sia tecnici che tattici di mister Del Neri. Sorensen per un Motta ormai alle corde con i tifosi, Toni per Melo e Krasic ancora in posizione centrale (ne è una prova la bella occasione caduta sui suoi piedi dopo il suggerimento di Aquilani) guastano i piani di trionfo al Genoa. I crossi pungenti dalle fasce per le teste di Toni e Matri sono stati come una manna dal cielo. Con questi innesti e il ritorno, dopo tanto cambiare,al 4-2-3-1 iniziale, spianano la strada per il terzo gol, merito ancora di Toni bravo ad allargare la difesa avversaria ed a difendere palla su suggerimento in verticale di Aquilani. È il gol del definitivo 3-2 e della terza vittoria consecutiva in campionato. Non accadeva dal Settembre del 2009 quando, all’epoca, Ciro Ferrara seduto in panchina cominciò il proprio campionato con quatto vittorie consecutive. Tra i rossoblù non ci sono state individualità di spicco, in linea con le impressioni di una intera stagione, ma una compattezza di squadra che ha messo in difficoltà la Juve e le ha fatto capire che non è tutto oro quel che luccica. Per il quarto posto c’è ancora tanto da fare, c’è da lavorare e da sperare. Soprattutto, c’è da lottare. Lo conferma anche Ballardini nell’intervista post partita in quella che è sembrata un misto tra una gufata ed un avvertimento (in riferimento al match di Udine?). All’orizzonte c’è Ferrara con le sue quattro vittorie consecutive di inizio campionato 2009, un buon monito per andare a vincere a Firenze senza regalare i primi tempi ad avversari che si difendono come i Grifoni.
Eldavidinho94
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