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Dario legge Calciopoli Farsa di una lunga estate (1)
Calciopoli. Farsa di una lunga estate. Di Vincenzo Ricchiuti.
Un libro che è uno spaccato su Calciopoli. Non solo su quella lunga estate calda ma sul periodo seguente. Gli umori dei tifosi. Le false verità. Le indagini sui siti web e fra i blogger per ristabilire i fatti. I tifosi che mettono i panni dei detective. I tifosi che difendono la Juventus più della Juventus stessa. E Moggi? Moggi che fino a quel momento è stato amato e odiato da questi stessi tifosi della Juve perchè di questi non si è mai occupato più di tanto, Moggi che diventa improvvisamente umano e solo. Un uomo con tutto un sistema contro. Un uomo che nessuno vuole difendere. Un uomo da cui fuggono amici e beneficiari. Un uomo su cui si avventano come sciacalli tutti i nemici. Quelli che non aspettavano altro. Quell’uomo odiato in primis dai suoi vecchi tifosi diventa ora l’uomo a cui stringersi attorno. Perchè difendere Moggi diventa difendere la Juve e le vittorie conquistate sul campo. Le stesse che la Juve rivendica. Perchè difendere Moggi diventa difendere se stessi. Calciopoi è stata tutto questo. Una farsa come dice il Ricchiuti, ma anche un dramma umano non solo di Moggi ma di tanti coimputati che hanno avuto carriere rovinate senza prove. Per il solo fatto di esser amici di Moggi. E soprattutto è il dramma umano di milioni di tifosi che hanno dovuto scavare nel proprio profondo per rimanere aggrappati al bianconero. Nonostante la serie B. Nonostante l’umiliazione di una Juve minore. Questo libro è tutto questo. Questo è il libro di Vincenzo Ricchiuti che da Napoli non si è perso nemmeno un udienza del processo di Calciopoli. Ecco perchè questo libro non può mancare nella libreria di ogni vero Juventino. Perchè se la verità non è stata ancora ristabilita appieno, la forza e il coraggio di quei giorni, vengono conservati con lucidità in questo scritto.
Recensione di Alessandro Magno
Il libro è acquistabile on line ma anche presso le librerie https://www.ibs.it/calciopoli-farsa-di-lunga-estate-libro-vincenzo-ricchiuti/e/9788899633301
Una storia vera
Tornando a casa trovo nella cassetta della posta un avviso di garanzia.
Apro il plico e scopro di essere stato accusato di furto.
Non ho rubato da solo, la stessa citazione arriva ai miei amici Riccardo, Bernardo, Abelardo e Bardo.
Ad accusarci è stato un nostro ex compagno di giochi, Ermenegildo, con cui abbiamo litigato alcuni anni addietro.
‘Er Mene, come lo chiamiamo noi, ci accusa di avergli rubato le galline che lui aveva comprato con due soldi alla fiera dell’est.
Sbigottiti io, Riccardo, Bernardo, Abelardo e Bardo ci rechiamo in tribunale per farci interrogare e troviamo ad attenderci il plurimaresciallo Giuncata: “Egregi sporcaccioni e infami, vi piace il bollito misto con mostarda, eh?”
Scopriremo in seguito che le accuse sono partite da alcune intercettazioni telefoniche in cui comunico ai miei compagni: “I galletti hanno mangiato i crauti”. Spieghiamo subito al graduato che era un modo come un altro per dire che la Francia aveva battuto la Germania nella partita del giorno precedente.
Niente da fare, si va al processo. L’accusa è di aver costituito un’associazione a delinquere dedita al furto di galline.
I nostri avvocati, allora, chiedono al Tribunale di avere i cd di tutte le intercettazioni telefoniche, si recano in Cancelleria e si sentono chiedere € 60.000 (avete letto bene, ve lo scrivo anche in lettere, sessantamilaeuro) per le spese di masterizzazione dei dischetti. Supposta n°1.
Dopo alcuni giorni ricevo una chiamata dal mio avvocato. È molto arrabbiato perché non riescono ad aprire ed ascoltare alcuni cd. Quelli in cui ci sono le telefonate di Abelardo. Supposta n°2.
Nel frattempo il plurimaresciallo Giuncata è molto impegnato a far trapelare le conclusioni a cui lui è già giunto. Un giornalista suo amico, Fabrizio Pollenti, svela sul suo quotidiano di color marrone i risvolti dell’indagine e afferma che, finalmente, è stata sgominata la banda dei ladri di galline. Le nostre facce vengono sbattute in prima pagina, siamo i mostri del paese, la gente ci chiama “ladri e farabutti”. Facciamo notare al giornalista che siamo ancora alle fasi dibattimentali ma lui, imperterrito, è convinto delle sue azioni e scrive in prima pagina: “Le telefonate parlano chiaro” e il giorno dopo “Ragazzi, non così” e quello dopo ancora “Ecco come entrarono nel pollaio”. Supposta n°3.
Il sindaco del nostro paese, molto indignato a causa della cattiva pubblicità che sta infangando il buon nome del suo comune, invita tutti i cittadini ad aiutare le forze dell’ordine ed eventualmente collaborare. Il sig. Berretto, allevatore di pennuti, si presenta in caserma perché, proprio qualche mese prima dello scoppio dello scandalo, ha subito un furto. Non lo aveva denunciato prima, ma era quasi sicuro di aver visto chi gli aveva sottratto gli animali: il Sig. Ermenegildo, il nostro accusatore! Il plurimaresciallo lo caccia immediatamente via: “Ermenegildo non ci interessa”… Supposta n°4.
Mentre tutti noi siamo preoccupati per il processo imminente, un giorno un abitante del paese limitrofo ci incontra per strada e, avendoci riconosciuto, ci racconta di aver assistito alla presentazione dell’ultimo disco dei “Pietra & olio”, cover band di successi latino-americani, la cui cantante è la figlia del Magistrato che guida le indagini del nostro processo. “Scusa, amico del paese limitrofo, ma chissenefrega dei petra&olio! Noi rischiamo la galera e tu mi vieni a parlare di salsa e merengue?” Sbotta stizzito Bardo, ormai vicino ad una crisi di nervi. “Non ho mica finito!” insiste l’amico del paese limitrofo. “Non potete nemmeno immaginare chi ho visto al tavolo del buffet mentre parlottavano tra di loro a bassa voce, quasi avessero paura di essere riconosciuti…” L’amico del paese limitrofo pretendeva di fare gli indovinelli e la portava per le lunghe. Alle nostre più che giustificate rimostranze si decise finalmente a rivelare chi fossero questi personaggi misteriosi. Ad abbuffarsi di rustici e salatini erano il P.M., il plurimaresciallo Giuncata ed Ermenegildo, il nostro accusatore! Che ci facevano insieme? Supposta n°5.
Una mattina eravamo nello studio del mio avvocato per analizzare i capi d’accusa e le prove che gli inquirenti dicevano dimostrassero la nostra colpevolezza. In una telefonata io e Riccardo stavamo parlando dell’ultima volta che eravamo stati a mangiare il pollo fritto da Mc Donald’s. Secondo Giuncata era la prova che i ladri fossimo noi.
Sono state rubate delle galline ==> A te piace il pollo ==> Tu hai commesso il furto!!!
Preciso, no?!?!? Supposta n° 6.
Il primo giorno del processo prendo la parola e, rivolgendomi al giudice, faccio notare che a molte persone piacciono il pollo e le carni bianche in genere.
“Obiezione!” grida subito il Pubblico Ministero: “Piaccia o non piaccia, non ci sono telefonate di altre persone che affermano di gradire gallina in brodo, petto di pollo o pollo e patate. E chi afferma il contrario è un bugiardo o è in malafede”. Qualche tempo dopo il nostro perito, incaricato di riascoltare tutte le intercettazioni telefoniche a nostro carico, ne trova una in cui ‘Er Mene aveva chiamato Bernardo chiedendogli di andare insieme a cena, che aveva una gran voglia di tocchetti di pollo panato in salsa tonnata. Tombola! Pensiamo tutti. Possiamo smentire l’accusa e smontare le prove contro di noi. Nell’udienza successiva facciamo ascoltare al giudice la telefonata, sicuri di aver colpito nel segno. Il Pubblico Ministero si difende: “Questa telefonata non è rilevante”. Suppostone n° 7.
…
Non voglio proseguire oltre, il processo presentò molti altri colpi di scena, molte altre oscenità vennero alla luce mentre altre continuano ad essere coperte da segreto di Stato, perché collegate a procedimenti molto più importanti e gravi. Non serve andare oltre, giunti a questo punto posso già chiedervi come vi sentireste al posto del protagonista che, in maniera del tutto immaginaria, ho voluto rappresentare. Ve lo chiedo perché quella che vi ho raccontato è una storia vera, di un processo vero tenuto in un Tribunale della Repubblica Italiana, di un team di forze dell’ordine che ha fatto queste ed altre cose di cui non andare orgogliosi e di cui, presto, dovranno rendere conto.
Non si trattava di galline ma di partite di calcio, ma la vicenda si è svolta partendo dagli stessi presupposti e gli accadimenti sono all’incirca quelli indicati.
Per questo, e per molto altro, noi continueremo a chiamarla farsopoli, indipendentemente da come finirà tutta la storia. Doveva essere un’ottima occasione per migliorare il movimento calcistico professionistico, in realtà volevano solo distruggere una squadra, col beneplacito di alcuni proprietari della stessa. Peccato che l’amministratore fosse allergico al pollo arrosto…
Giuseppe Simone www.juvenewsradio.it
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