Non è sufficiente una vittoria a punteggio pieno contro un avversario da metà classifica.
La reazione della Juventus era tra le aspettative dei tifosi sempre più delusi e preoccupati per la sorte della squadra e della società.
In questa puntata l’ospite analizza lucidamente la situazione passata e attuale, ne sottolinea le criticità, restando tuttavia fiducioso nei confronti dell’allenatore il quale merita più tempo.
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KEAN…IL NUOVO VLAHOVIC(?)
(a Firenze!)
La Fiorentina rifila un pesante 3-0 all’Inter e ci scavalca in classifica, ora siamo sesti (-2). La lotta per il quarto posto si fa sempre più serrata e i viola stupiscono per qualità del gioco (anche senza Fagioli e Zaniolo) e organizzazione. Palladino ha fatto un super lavoro, anche nella testa di Moise Kean, che ha trovato a Firenze la sua dimensione vincente e soprattutto finalmente un allenatore che crede in lui nei fatti e non a parole e a suon di panchine.
In ogni caso ieri sera ha goduto soprattutto una persona: Antonio Conte, solo in vetta alla classifica, mentre Inzaghi dopo aver evitato la sconfitta nel derby nel finale, questa volta paga a caro prezzo l’assalto nel secondo tempo dopo l’1-0 subito.
Palladino, Baroni e Italiano sono senza dubbio le tre rivelazioni di questo campionato. E lo spessore degli allenatori lo si vede soprattutto nei momenti di difficoltà: Raffaele è riuscito a uscire da una crisi che sembrava profonda e lo ha fatto con autorità e tanta personalità, andando anche pubblicamente contro la società e un dirigente esperto come Pradè.
Uno degli aspetti che più mi piace di Aladino (così lo chiamavano alla Juventus in Primavera) è l’elasticità e il cambiare moduli e modo di giocare a seconda dei giocatori a sua disposizione.
Ancora un paio d’anni alla Fiorentina e poi chissà, forse sarà pronto per il salto in un grande club. Come del resto Italiano che ogni anno migliora e a Bologna sta facendo un gran lavoro, con una delle società meglio organizzate in Italia (del resto Sartori è il miglior direttore sportivo italiano degli ultimi 20 anni post Moggi).
Ma un conto è allenare -con tutto il rispetto – Fiorentina e Bologna, e un conto è farlo in un club di livello internazionale, dove sei chiamato a gestire non calciatori ma vere aziende e senza tanta esperienza nello spogliatoio. E senza una società forte alle spalle, diventa veramente dura. Per questa ragione conta l’esperienza ma anche tanto buon senso che ti consente di saper gestire i campioni.
(Juventino 100×100)