Cinzia e Ben ritorno Allegri

  1. Zarathustra
    Pistocchi

    Intervenuto ai microfoni di Radio CRC, il giornalista Maurizio Pistocchi è tornato sulle possibili conseguenze della vicenda Superlega per la Juventus: “Normale che si finisca in tribunale, perché chi l’ha pensata crede d’avere il diritto di organizzare manifestazioni al di fuori di FIFA e UEFA. Chi ha aderito ai campionati nazionali, però, si è sottoposto alle regole, alcune delle quali prevedono che non si possano disputare competizioni senza il benestare della UEFA. Possibili conseguenze? A breve termine, la UEFA emetterà delle sanzioni molto pesanti. Succederà che la corte europea stabilirà che la SuperLega si può fare, perché qualcosa di diverso sarebbe lesivo della normativa sulla libera concorrenza, e la palla passerà, in quel momento, alle federazioni nazionali, che dovranno dire se accetteranno nei loro campionati le squadre in questione. Succederà un bel terremoto”.

    🥴🥴🥴🥴

  2. Io ho visto una bella partita dove ci sono state delle giocate tecniche e da singoli non indifferenti… poi a quella velocità ogni giocata diventa decisamente più difficile. Baggio e pirlo se li metti in un campo dove tutti non corrono fanno ancora la differenza anche da fermi.

    • Qui ti quoto luigis.
      La velocità nel gioco del calcio fa tutta la differenza del mondo.
      Attenzione. L’intensità invece è la persistenza nel tempo di una determinata azione, ma non indica una velocità.

      Lo vediamo in tutte le partite, quando i ritmi si alzano gli errori tecnici aumentano in modo esponenziale.
      Rendiamoci conto che quella era una finale, con tutte le attenzioni e le presenze del caso.

  3. L’avvocato Paco D’Onofrio

    ha parlato in esclusiva a TMW della questione Superlega: Intanto, cosa rappresenta la comunicazione di oggi?

    “Il rinvio pregiudiziale è un meccanismo attraverso il quale si richiede l’intervento della Corte di Giustizia UE. C’è un primo vaglio di ammissibilità che è stato superato: la corte ha ritenuto la questione di sua competenza e questo va in un certo modo a suffragio di chi questa iniziativa l’ha adottata. Non è un’anticipazione sull’esito, certo, ma è un primo elemento che depone verso il fatto che la materia esondi dai limiti sportivi e possa essere giudicata in base alle norme che disciplinano il mercato”.

    Sull’altro piatto della bilancia c’è la specificità dello sport.

    “Il criterio a livello europeo è in realtà lo stesso a livello statale: l’ordinamento sportivo è autonomo, non indipendente. Può darsi una sua struttura, su cui le autorità statali o comunitarie non intervengono. Tuttavia, nell’esercizio di questa autonomia i principi generali degli ordinamenti vanno rispettati: pur essendo lo sport qualificato come gioco, in realtà coinvolge diritti di rango costituzionale. Penso per esempio al diritto al lavoro o al diritto all’impresa. Diritti che vanno protetti anche con norme che vanno al di là dell’ordinamento sportivo: non si può pensare che ci sia una dimensione economicamente rilevante, che sfugga a regole generali in materia economica, finanziaria o di anti-trust”.

    Il precedente più illustre è la Bosman.

    “Tutto nasce da lì, il principio è lo stesso: all’epoca si diceva che i contratti sopravvivessero anche oltre la loro durata, perché lo sport aveva deciso che fosse così. Dato che però si parlava di diritto al lavoro, pur proveniente dal diritto sportivo, la Corte statuì che non ci si poteva sottrarre al diritto generale, valido per qualsiasi lavoratore. C’è una forte analogia tra le due situazioni, anche in quel caso l’ordinamento sportivo non si voleva arrendere a un’applicazione naturale del diritto, pretendendo di poter rivendicare una sorta di primato. La Corte di Giustizia fu lapidaria e qui mi sembra di vedere lo stesso presupposto: un’organizzazione, in questo caso la UEFA, che pretende di imporre un modello senza che sia possibile neanche proporre un’alternativa. Non si tratta di società che hanno rinunciato o declinato la loro disponibilità a far parte dei tornei nazionali o europei precedenti; hanno semplicemente sottoscritto un accordo e ideato un modello alternativo. Allo stato attuale, non hanno causato alcun danno concreto: se ora la UEFA condannasse tre società, condannerebbe tre società che hanno solo osato immaginare un modello alternativo, ma che non l’hanno posto in essere”.

    La UEFA, però, è un’organizzazione privata. L’esclusione vorrebbe dire: giochi se stai alle mie regole, altrimenti vai fuori.

    “Però bisogna stare attenti. Non è che un’organizzazione privata può irrogare sanzioni senza che ci sia un valido presupposto. Un’eventuale esclusione comporterebbe un danno economico immediato a carico di queste società. Anche in una dimensione privata, e del resto il sistema dei contratti federali pre-Bosman era privato, valgono le regole generali. Anche in quel caso veniva eccepita la dimensione privata, ma questo non può bastare a consentire che siano vulnerati diritti che hanno una chiara natura universale. In questo momento, se la UEFA irrogasse delle sanzioni lo farebbe solo perché alcune squadre hanno osato ipotizzare un modello alternativo, senza realizzarlo perché non c’è un programma concreto. Si rischia un processo alle intenzioni, e questo mi lascerebbe qualche dubbio sulla legittimità della condotta punitiva. Se ci sarà una sanzione, bisognerà vedere quale sarà: se di natura economica, è reversibile. L’esclusione da una o più edizioni di una competizioni no: se successivamente la corte la giudicasse illegittima, non si potrebbe certo riportare indietro le lancette dell’orologio”.

    Vede quindi più logica un’eventuale multa da parte della UEFA?

    “Ci sarebbe una questione a monte, per come la vedo io. Se all’interno di una confederazione, dodici tra le squadre più rappresentative soffrono per un modello che ritengono insoddisfacente e superato, non ci si può chiudere in modo così rigoroso: bisognerebbe aprire un tavolo condiviso, per delle riforme che non siano esclusive. Detto questo, se la UEFA decidesse di portare avanti questo atteggiamento così rigoroso, vedrei più ragionevole una sanzione di natura economica. Con l’esclusione dei tre club ancora interessati, la UEFA si esporrebbe a un rischio gigantesco e a un potenziale carico di responsabilità risarcitoria gravissimo”.

    I tempi della Corte di Giustizia UE quali possono essere?

    “Dubito possano essere brevi, comunque penso saranno inconciliabili con l’inizio della prossima stagione agonistica. La UEFA dovrà decidere al buio, senza il conforto o il parametro della decisione della Corte, se e come sanzionare. Dubito che la corte possa pronunciarsi prima di agosto”.

    Tornando alla specificità dello sport, la UEFA non potrebbe sostenere che una struttura tipo la Superlega metta a rischio lo sviluppo del calcio in toto?

    “Noi diamo per scontato che esista un soggetto monopolista. È così in Italia, ma in qualsiasi Paese: per fare calcio o sport devi aderire alla FIGC. Lo stesso discorso vale a livello continentale, ma questo è un meccanismo che lo sport si è dato. Nel momento in cui ci si confronta con le regole di mercato, non è detto che questa autoreferenzialità tenga: le posizioni di dominio sono sempre state contrastate dall’Unione Europea. Alcune le diamo per scontate e immutabili, ma sono tali soltanto finché sono accettate dai protagonisti. Io credo che se le dodici squadre avessero portato a conclusione quel progetto, la UEFA avrebbe sicuramente potete escluderle: avrebbe potuto dire o partecipi ai miei tornei o ai tuoi. Questo non è successo, c’è stato solo il concepimento di un modello alternativo, che non ha avuto corso: certo, nasceva perché avesse una fase esecutiva, ma questo non è ancora successo. E la sanzione arriverà oggi: la UEFA li vorrebbe condannare solo perché hanno osato pensare a un altro modello. Che noi non conosciamo a fondo, se non per quello che ci hanno raccontato alcuni dei protagonisti. Ma non sappiamo per esempio come sarebbero state reclutate le squadre a invito e soprattutto non c’è scritto che sarebbe stato un modello alternativo alla Champions. La UEFA ragiona in termini di esclusività: è un ragionamento tollerabile a livello europeo? Penso alla modifica delle NOIF delle FIGC: varrà per il futuro, è già un approccio diverso e più logico. Inoltre, se una federazione cambia una norma, è perché in passato quella norma non c’era: mi sembra più prudente l’atteggiamento della federazione italiana”.

    Bosman a parte, la giurisprudenza UE va in una direzione chiara. Difficile che la UEFA possa vincere.

    “Certo, del resto il rinvio che fa il tribunale commerciale di Madrid si basa su questo presupposto: è un tribunale dello Stato, che legge i precedenti e guarda alla giurisprudenza della Corte di Giustizia UE. Poi chiede se valgono ancora quelle indicazioni. Nutro molto scetticismo sul fatto che un’eventuale sanzione della UEFA nei confronti dei tre club, nelle forme di un’esclusione dalle proprie competizioni, possa essere avallato dalla corte europea. Diverso sarebbe se venisse concretizzato un meccanismo alternativo”.

    Però così si rimanda solo il problema, no?

    “È indubbio, ma infatti la questione non dovrebbe essere risolta né nelle aule di giustizie né con interviste giornalistiche dei protagonisti, cioè da una parte i rappresentanti della UEFA e dall’altra i rappresentanti della Superlega. È stata gestita male a livello mediatico e comunicativo, ma in realtà della Superlega era a conoscenza tutto il mondo del calcio: evidentemente il malessere di queste società doveva essere intercettato prima. E penso ancora che la soluzione migliore, l’unica davvero possibile, sia di compromesso tra le parti oggi in lotta”.

    • Tranfaglia
      Tra questo tuo e altri post riguardanti la “storiaccia” della superlega/uefa mi pare non sia così tragico come l’abbiamo dipinta.
      Vedremo il seguito.

      • Queste sono pareri.anche se autorevoli. Lasciano ben sperare.
        Nel 2006 però, partendo da zero, guarda cosa hanno montato. Sono seccature per tutto, anche per le date. Vedremo.

  4. ATTESA VANA

    Uno aspetta, magari spera, forse si ravvederanno, forse…e invece niente.

    Ceferin e lo schifo della uefa…

    Ceferin si deve solo vergognare insieme a lui tutta la feccia dell’azienda per cui lavora.

    Ho aspettato più di 24 ore con la speranza che sopperissero alla gravissima mancanza di un ricordo durante la finale di Champions disputata esattamente il 29 Maggio.

    La uefa è la principale responsabile di quella immane tragedia… essendo il comitato organizzativo di tale evento sportivo.

    Se si doveva disputare o meno quella partita non sta me a dirlo ma alle istituzioni…sicuramente chi era presente a quella tragedia ne sa di più …noi possiamo solo ascoltare e leggere.

    Ma chi ha scelto di giocare quella partita con tutte le criticità del caso visto il pericolo Hooligans in uno stadio mezzo scaricato ha tutte le responsabilità dell’accaduto…quindi la uefa.

    E non ricordare, e per giunta visto che cadeva proprio il giorno 29 la sera della finale, le vittime di quella tragedia è stato l’ennesimo atto di vergogna di una uefa vergognosa.

    Il Barone incazzato!

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