di Davide Peschechera
Dopo la sconfitta di Firenze di ben 5 mesi fa, la Juve incappa nella 2° sconfitta in campionato, a Napoli, senza il suo Tevez, senza segnare ma senza mai scendere in campo. Adesso potremo arrivare massimo a 102 punti, ma è bene fare il punto della situazione e non perdersi nel racconto dei record raggiunti o meno. Ultime 4 partite vinte tutte di misura, Buffon protagonista, Llorente e Osvaldo assenti ingiustificati. In fase di transizione offensiva, la Juve ripartiva da posizione troppo bassa, con due punte che non hanno la velocità per le ripartenze, costretti ad accontentarsi di sistematici duelli fisici e lanci verso il vuoto che spesso Pirlo e Caceres sono stati costretti ad effettuare. Vucinic ha toccato più palloni di Osvaldo (12 contro 9) nei pochi minuti in campo. È una bella notizia per un reparto martoriato tanto quanto quello del centrocampo. Digiuno di gol dopo 43 gare di campionato in cui siamo sempre andati a segno. Il San Paolo resta l’unico stadio in cui la Juventus di Conte non è mai riuscita a vincere, dopo il pareggio per 3-3 di due anni fa e l’1-1 dello scorso anno.
Forse è impensabile andare a Napoli e lasciare un tempo a loro rinunciando ad attaccare. La Juve ha cercato di impostare la solita partita difensiva come fatto già contro Milan, Roma e Fiorentina ma non è riuscita a ripartire. Oppure, contro un Napoli che schiera il 4-2-3-1, se vuoi fare una partita attendista si dovrebbe schierare un 4-3-3 (o un 4-5-1). A specchio. Invece la Juve, per mancanza di uomini, cosa che spesso ha denunciato Conte, quando non riesce ad imporre il proprio gioco e difende, comincia il giochetto delle scalate difensive che coinvolgono Asamoah, Lichtsteiner, Pogba, Vidal. Senza la possibilità di poter avere il minimo margine di errore. Altrimenti ti puniscono. Ecco da dove nascono spesso i gol subiti. Poi vanno fatti comunque i complimenti al Napoli, che ha battuto al Juve con un grande Callejon, facendo la partita perfetta, con piglio e ritmo, con entusiasmo e studio, con molti duelli individuali vinti, soprattutto sulle fasce, circolazione veloce e decisa senza dare il tempo di ragionare ad una Juve in debito d’ossigeno. Insomma, atteggiamento giusto.
Tanti impegni ravvicinati con gli uomini contati, fattore che ha inciso a livello di brillantezza. Nessun turnover tra la partita di mercoledì col Parma e quella col Napoli. Vista la partita che abbiamo disputato, infatti, invece di schierare tutti i titolari Conte poteva almeno concedere un turno di riposo a qualcuno in questa gara. Invece, quando si parla di campionato, Conte sembra non sentire niente e nessuno, la formazione che scende in campo è sempre la stessa. Probabile vedere, dunque, in Europa League Padoin, Isla e Marchisio titolari. Persino Ogbonna, Peluso e Giovinco, tutti contemporaneamente, se non fossero stati infortunati.
Poi un altro dato. La Juventus è la squadra che ha utilizzato meno giocatori in questa Serie A, 24. Stanchezza. Juve che ha pagato sotto il profilo atletico. Siamo umani. Ecco perché la sconfitta era prevedibile per tanti motivi. Non è che nel 2014 abbiamo fatto così bene. È una Juve un po’ in riserva, prima fisica e poi mentale. Una Juve che gioca un po’ al risparmio. Per la legge dei grandi numeri, prima o poi la formazione di Conte doveva fermarsi. Una volta ci esprimevamo meglio nei secondi tempi. Ultimamente giochiamo i secondi tempi su ritmi bassi, a ridosso della nostra area e lasciando il controllo del gioco agli avversari, a volte con poco equilibrio nel gestire ed esponendoci a rischi enormi, vedi la partita contro il Parma. Bisogna avere le idee chiare: o si chiude la partita sin quando ce n’è(come avremmo dovuto fare nell’andata di Coppa con la Fiorentina), oppure va bene contenere ma bisogna farlo almeno con difesa e attacco titolare, per garantire buone uscite difensive e difesa alta del pallone, facendo possesso, addormentando la partita ma non mollando completamente. Invece il tentativo di controllare si trasforma spesso in leziosità e mancanza di precisione e freddezza sottoporta. Come contro il Parma. Vittoria sofferta nonostante il 2-0 di fine primo tempo che, questa volta, ci avviava finalmente ad una partita in discesa e col minimo dispendio di energie. Invece, nel secondo tempo ci siamo abbassati, addormentati, abbiamo subito il 2-1 e non sembrava neanche che ci fosse superiorità numerica in campo. Diverso atteggiamento tra primo e secondo tempo tanto da assistere quasi a due Juve diverse, consegnando il pallino del gioco al Parma nel secondo tempo. Come se subentra una certa pigrizia mentale, perché la squadra bianconera è consapevole di sapersi difendere in maniera egregia, con l’intenzione di risparmiare le energie e non concedere spazi. Ma imparare a riposarsi con il pallone tra i piedi, per non permettere agli avversari di prendere fiducia e di giocare, no eh?
Questa squadra ha la necessità di ritrovare la forza e l’energia mentale di affrontare le gare con grande intensità fisica e psicologica, ritornando a schiacciare il piede sull’acceleratore, senza pensare troppo alla gestione del risultato. Nelle ultime uscite si è vista una squadra troppo frenetica, che non è riuscita a consolidare il possesso palla, anche quando recupera in posizione bassa, cercando subito la giocata in verticale sulle punte o la giocata sugli esterni che, se pressati, entrano in difficoltà. Soprattutto in Europa. Ripercorrendo il percorso fatto in questa Europa League, prima di apprestarci ad affrontare la partita col Lione, già contro i turchi del Trabzonspor, in casa, la Juve non giocò per niente bene nonostante il 2-0. Una scelta, quella delle ultime partite tra campionato e Coppa, di attendere l’avversario nella propria metà campo. Non si possono neanche tirare fuori gli argomenti fatti sino ad oggi sulla mentalità e sull’approccio europeo se alla base c’è una precisa scelta del mister, soprattutto in Coppa. Quella delle ultime uscite sembra una squadra vuota, sfilacciata, col freno a mano tirato ma con priorità al campionato, chiarissimo e lampante. Ma con un distacco così netto sulla seconda, giocare con i titolari in Coppa è tanto sbagliato? A questo punto non si può neanche parlare tanto di errore quanto proprio di strategia, in UCL come in EL. Almeno contro il Trabzonspor abbiamo cercato di fare il secondo gol giocando più spregiudicati con tre punte e ci siamo riusciti, dopo i “cambi conservativi” che ci sono costati la qualificazione agli ottavi di UCL. Più dimestichezza e abbiamo osato, finito la partita con gli uomini migliori in campo, l’artiglieria pesante, e non con gli uomini peggiori come in Copenaghen-Juve, con De Ceglie e Giovinco invece di Asamoah e Llorente. Nell’1-1 interno di Coppa con la Fiorentina, invece, dopo Llorente per Giovinco, ecco puntuali i cambi Padoin per Isla invece di Llorente al posto di Pirlo e Pogba per Ogbonna.
Nessun tentativo di vincere la gara dopo aver perso l’occasione di andare a Firenze con più tranquillità, in un periodo pieno di gare, nonostante a Firenze, dopo un inizio un po’ incerto, con gambe contratte, passaggi strozzati e nessun coraggio di uscire a contrastare gli avversari, la Juve ha fatto la Juve, nel limite delle possibilità attuali. A differenza delle ultime uscite, in crescendo è stato il secondo tempo e non il primo. Nella ripresa, la Juve cambia marcia, comincia a macinare il suo palleggio lento, a tenere palla e a controllare il campo. Ne esce una squadra sempre attenta e sul pezzo fin quando la Fiorentina non ha mollato mentalmente. Partita tesa e decisa da un episodio. Fortunati e bravi a non perdere lucidità. Nonostante tutte le difficoltà.
Insomma, turnover obbligato in alcuni casi, vero, ma cervellotico non aver fatto giocare Bonucci, ad esempio. Giovinco, Ogbonna, Peluso, Isla, troppe riserve insieme in campo è un rischio alto, ma Conte continua imperterrito con quest’idea della “doppia squadra”, altro che turnover mirato e scientifico. È come se nella propria mente abbia due formazioni diverse che non possono assolutamente incrociarsi negli uomini se non in casi eccezionali (squalifiche e infortuni). Ogni volta avviene il restyling totale di fasce, attacco, a volte difesa e, se potesse, anche del centrocampo. Non crei una mentalità da grande squadra se affronti il Chievo come fosse il Barcellona, snobbando l’Europa. Dobbiamo imparare anche in Europa a dominare noi il gioco e la partita. Forse è questo che manca a Conte e alla squadra. Troppa, eccessiva attenzione al campionato e poca dedizione e inclinazione alle coppe. Il turnover si fa con il Genoa, con il Catania, non in EL. Invece noi facciamo il turnover con 11 punti di vantaggio in campionato. Boh.
La differenza tra titolari e panchinari c’è anche se ai fini del risultato influisce poco e questo è un complimento che va fatto al gruppo in generale. Perché nel 1° tempo con la Fiorentina all’andata, la stessa squadra, con 5 riservisti su 11 in campo, ha dominato la gara e rischiato di farne tre mentre i titolari, nella partita di campionato, hanno disputato un secondo tempo pessimo. Una chiave di lettura che a me piace molto è che fa giocare i panchinari in Europa per far fare loro esperienza e per farli sentire importanti all’interno della rosa. Conte credo che sia talmente convinto della squadra a sua disposizione e del gioco della stessa che non ha paura di nessuno, ne di presentarsi con alcuni giocatori panchinari in partite importanti della stagione. Resto quindi dell’idea che il problema principale sia quello di una condizione non ottimale, che ci può anche stare dopo aver tirato a mille fino ad un mese fa. Non che la squadra non sia potenzialmente in grado di reggere la doppia competizione, ma numericamente la rosa è un po’ corta quest’anno. Avendo fatto fuori Quagliarella e Vucinic, non si è rimpiazzato Matri con un quinto attaccante e avendo ceduto Giaccherini, non siamo stati in grado di comprare un quinto centrocampista. Io credo che sia questa la realtà dei fatti. E questo va ad intaccare sia le strategie di Conte, sia le dinamiche di squadra che ci portano a disputare gare molto altalenanti. È una Juve che va a folate, si fida dei colpi di cui sono capaci i suoi campioni(vedi le magie di Tevez, Llorente, Vidal, Asamoah, Pirlo) e si fida delle combinazioni e triangolazioni d’attacco estremamente precise e chirurgiche. Si specula molto sul risultato, più di quanto non abbia mai fatto. Un’ esigenza dettata dal logorio fisico-mentale che porta a questa necessità. Oggi si dice che la Juve vince grazie ai campioni, due anni fa sembrava di più grazie all’atteggiamento e al gioco. È in primis un problema numerico di uomini, che di modulo e di atteggiamento. Quando la Juve esegue l’ormai famoso “spartito”, non ce n’è per nessuno, quando non lo esegue è una squadra normale.
Poi credo fermamente che il terzo Scudetto consecutivo sia molto più del semplice obiettivo che ci siamo prefissati ad inizio stagione. È un’ossessione,una paura, come lo era l‘imbattibilità che ci bloccava all‘inizio dello scorso anno. Ma è una priorità assoluta annunciata. Anche se, a livello comunicativo, che benefici porta il parlare di priorità e focalizzare tutto su un solo obiettivo? Non che non fosse l’obiettivo unico e dichiarato già da inizio stagione, ma è meglio non dirlo, perché la Juve deve lottare su tre fronti. E poi, mettiamo che dopo Fiorentina-Juve dell‘andata le cose si fossero messe male, le “priorità“ sarebbero cambiate? Bisogna togliersi questo “peso“ per tornare a vedere una Juve reattiva e sgombra. Conte vuole cambiare e rischiare il meno possibile al momento e tirare sin quando può, con gli uomini più fedeli, col modulo che gli ha assicurato 2 anni di vittorie, col metodo di lavoro che ci ha portato sin qui. Si spiegano anche così alcune scelte testardi e apparentemente poco logiche del mister. Teme un calo finale e beffardo della Juve sull’obiettivo numero 1, dopo aver letteralmente sacrificato Champions League e Coppa Italia. Io credo che se si dovesse vincere il terzo scudetto consecutivo, il fatto di aver sacrificato e snobbato UCL, EL e TIMCUP spudoratamente, non farebbe gustare del tutto la vittoria di uno scudetto vinto in maniera apparentemente semplice. (Perché è stato il più difficile, più della sorprendente cavalcata del primo e della straordinaria conferma del secondo).
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