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UOMO VERO DELLA VECCHIA SIGNORA
Gianluca Vialli, per molti anni cruccio di Giampiero Boniperti.
Lo aveva in mano, quel riccioletto che sgambetto con la Cremonese, ancora bimbo.
Non volle credere fino in fondo, e la Sampdoria lo bruciò sul tempo.
L’Avvocato ogni tanto glielo ricordava e lui gli prometteva che, prima o poi, l’avrebbe portato a Torino.
Ci ha provato più volte con il presidente Mantovani.
Vialli e la Juve si incontrano, finalmente, nel 1992.
Gianluca è un campione affermato.
Ha trascorso tutta la sua carriera alla Samp, a parte gli esordi con la Cremonese.
In blucerchiato è diventato grande in tutti i sensi, arrivando a vincere lo storico scudetto nel 1991.
Ha gli occhi di tutte le grandi addosso, ma è in grado di dire no al Milan e a Berlusconi.
Vince molto con la Samp, coppe nazionali e internazionali.
Dopo la finale di Coppa Campioni persa contro il Barcellona, ecco il passaggio annunciato alla Juventus.
Boniperti è costretto alla spesa grossa.
Tanti soldi e un pacchetto di figurine tra cui quella di Eugenio Corini e Michele Serena.
Vialli è il nuovo 9 della Juve con Trapattoni in panchina.
Saranno due anni difficili per Gianluca e la Juventus, si vince “solo” una coppa uefa 1993.
Si rompe un piede, Vialli, si dice, è finito.
Vorrebbe perfino andar via.
Marcello Lippi è lui l’uomo della svolta.
La prima cosa che fa da neo-allenatore bianconero è parlare con Vialli.
Lo rincuora, lo ricarica, lo rimette in pista.
Vialli rinasce, anche fisicamente aiutato in questo dalla cura Ventrone.
Dopo il 2-0 subito contro il Foggia occorre uno schiaffo, Lippi parla con il gruppo senza mezzi termini…se proprio dobbiamo rischiare, dice, allora andiamo avanti.
È la scossa vincente.
Si compie l’idea del tridente.
Vialli ha il numero 9 inamovibile.
Non fa solo il centravanti, si sacrifica per arrivare alla vittoria.
Vederlo in perenne movimento da a tutta la squadra una carica eccezionale.
Lippi da lo schiaffo, alla carezza ci pensa Gianluca, che tempo pochi giorni, nella sua Cremona disegna uno dei goal più belli e spettacolari di sempre…una rovesciata che gonfia la rete di Turci.
Lippi e Vialli, il bastone e la carota.
Lui, la sua capacità pelata e la doppietta in rimonta alla Fiorentina, prima del lampo di Del Piero.
Ancora goal e rovesciate per lo scudetto, la Coppa Italia e la Supercoppa italiana, vinta con una zampata nella nebbia.
E infine, come regalo d’addio, la Champions League, con la fascia di capitano.
Piange come un bambino la notte del 22 maggio 1996 all’Olimpico di Roma.
E come un bambino io sto piangendo ora.
Grazie Gianluca. R.I.P.
Crapa pelata non capacità come il correttore vuole…chiedo venia
ER PATACA
Oggi il vero juventino sul blog di Benedetto Alessandro Magno scrive solo di Gianluca Vialli oppure non scrive proprio.
Ma sicuramente non scrive di culo che la Juve ha avuto contro la Cremonese.
È stato scritto che non è stata una bella partita disputata dalla Juve…basta e avanza.
Le parole di un campione e grande uomo come Vialli (R.I.P.) strumentalmente usate per nascondere l’incongruenza di una sentenza sportiva che nel 2006 sancì la pesantissima condanna della Juventus sulla base di una norma non ancora codificata nel C.G.S. il c.d. “illecito strutturato”, rilevabile negli stessi elaborati della C.A.F. in cui a pag.78 è scritto:
“La stessa Procura, nella valutazione delle condotte accertate nel corso delle indagini, ha considerato che nell’ordinamento sportivo non può assumere rilievo un illecito di tipo associativo, dovendosi valutare le condotte di ogni singolo incolpato con riferimento all’illecito contestato. Anche tale impostazione è da condividere, perché il C.G.S. non contiene alcuna norma che preveda come fattispecie punibile l’associazione di più persone al fine di commettere un indeterminato numero di illeciti. La Commissione valuterà quindi il materiale probatorio, relativo ai singoli deferiti, per accertare se siano state poste in essere condotte soggettivamente ed oggettivamente dirette a fare conseguire alla Juventus un vantaggio in classifica e da chi siano state poste in essere queste condotte”.
Anche un bambino dell’asilo capirebbe che questo pronunciamento della CAF: “La Commissione valuterà quindi il materiale probatorio, relativo ai singoli deferiti, per accertare se siano state poste in essere condotte soggettivamente ed oggettivamente dirette a fare conseguire alla Juventus un vantaggio in classifica e da chi siano state poste in essere queste condotte”, con il riferimento ad una sola società e unicamente ai suoi ex dirigenti, ha con ogni evidenza l’unico obiettivo di indirizzare il dibattito processuale verso una sola direzione, nonostante numerose altre intercettazioni dimostrassero che altri ex dirigenti di altre società avessero adottato i medesimi comportamenti e in alcuni casi anche peggiori. Chi erano?.. è bastato sbobinare le centinaia di migliaia di intercettazioni per accorgersi per esempio che l’addetto agli arbitri del Milan, Leonardo Meani, intrattenne rapporti telefonici quotidiani con molti degli arbitri in attività finiti poi sotto processo (De Santis, Morganti, Rodomonti, Racalbuto, Collina, Messina, Paparesta e forse ne dimentico qualcuno) e con gli assistenti (Copelli, Contini, Puglisi, Babini, Stagnoli e Titomanlio), con i designatori (Bergamo, Pairetto e Mazzei) e non si trattava di telefonate “ignorate” o emerse grazie al lavoro delle difese, ma di quanto gli stessi inquirenti avevano compendiato nell’informativa di gennaio 2006, quindi tutto materiale già nelle mani del capo Ufficio Indagini Borrelli e del procuratore Palazzi.
In sostanza e concludo, c’è da dire che se agli ex dirigenti juventini fu mossa l’accusa di aver messo in atto “condotte soggettivamente ed oggettivamente dirette a fare conseguire alla Juventus un vantaggio in classifica”, non si capisce come e perchè non sia stata fatta la medesima valutazione sui comportamenti ben più gravi di altri ex dirigenti . Di quali comportamenti si tratta?.. minacce e aggressioni verbali telefoniche al designatore Mazzei con frasi del tipo: “Adesso gli dici (a Bergamo e Pairetto, ndr) di stare molto attenti, perché Galliani è furibondo”. E ancora: “Riporta da adesso in poi di non sbagliare più un cazzo perché (Galliani, ndr) è furibondo, quindi anche mercoledì cercate di mandare due intelligenti..”. “State attenti perché è supervelenoso”, fino alla richiesta esplicita di designare per il mercoledì successivo il guardalinee (ultrà milanista) Puglisi, alla quale i designatori rispondono facendo una cosa da articolo 6 conclamato (illecito sportivo) cambiano una designazione già ufficialmente comunicata, fino alla telefonata in cui Meani si vanta con l’assistente Contini di essere riuscito, per l’ennesima volta a farlo designare per Milan-Brescia, dopo aver “spaventato” Mazzei minacciandolo di non designare più l’assistente Pisacreta “altrimenti Galliani s’incazza!”. Ripeto telefonate note e giudicate dalla stessa giustizia sportiva, sullo stesso tono la richiesta dell’inter di mandare Collina (che non è quella della telefonata ininfluente con Bergamo, ma del giorno prima con Mazzei) nel match contro la Juventus, anche a costo di taroccare la griglia e quindi il sorteggio, ma anche quella telefonata fu incredibilmente ignorata dagli inquirenti perchè a loro “l’inter non interessava”.
Sottofirmo tutto.
Aborro le faccine che irridono.
SOTTOBOSCO
Il Re Leone è sparito tra gli alberi. E nessuno sa dove veramente sia andato, come scriveva Vincenzo Monti “il biondo imperator della foresta“. I cacciatori dalle lunghe lance che a lungo lo avevano inseguito, attorno al fuoco raccontano della sua fierezza e della sua grandezza. Gianluca Vialli da tempo combatteva contro la malattia. Ha perso la battaglia lottando come un Re. E’ morto a soli 58 anni: ma il ricordo di tanti, amici, ex compagni di squadra, anche Gianna Nannini, persino il presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, la lettera straziante resa pubblica dalla Sampdoria, testimoniano che quelli come Vialli non muoiono. Era un uomo coraggioso e leale che univa. In uno sport dove l’appartenenza ad una casacca, spesso, divide. Vialli è stato come Pelè, scomparso una settimana prima di lui: gli voleva bene il mondo.
Una sera, ospite di Alex Bonan a Sky, Luca Vialli l’ho conosciuto. Stessa tavola con Paolo Rossi e Beppe Bergomi. Rossi con quella sottile ironia che armonizzava le cose. Bergomi composto, come era sul campo da gioco. Con quella faccia da bravo ragazzo che spinge i padri a fidarsi quando viene chiesto loro il permesso di portare le figlie al ballo della scuola . Serata di Champion’s: Barcellona – Bayern. Dopo il primo piatto, Gianlucaccio si alza da tavola , senza attendere i secondi: “Voglio vedere l’entrata delle squadre in campo” dice. Io continuo a cenare e a discutere con Bergomi e Rossi. Inizia la partita e Luca sul divano è uno spettacolo di partecipazione. Genuino e ragazzino, come quando aveva tanti capelli in testa e stupiva Emiliano Mondonico per le qualità che esibiva. Non c’era una squadra italiana sul campo. Vialli tifava “per il gioco“. Quel gioco che amava. Il giorno dopo dissi a mia moglie: “Vialli è rimasto un puro: come quando aveva 16 anni“. Solo una sera: quella sera. Ma la certezza di aver conosciuto tre uomini speciali.
Cremonese, Sampdoria, Juventus e anche Chelsea, lui allenatore – giocatore a Londra in un ruolo, in quella stagione, impensabile per i parametri del calcio nostrano. In un quartiere che si stava sviluppando e che presto sarebbe diventato il più ricercato della City. Inutile ricordare gol e trionfi, delusioni e sconfitte. La sorte così tiranna con Vialli gli avrebbe concesso un ultimo successo da dirigente della Nazionale, quella che con l’amico di sempre Roberto Mancini vinse l’Europeo a Wembley. La gioia immensa di Luca Vialli che abbraccia Mancini con il quale, quando erano “sbarbini“ cantava sulle note di Adriano Celentano: “Siamo la coppia più bella del mondo“. La Sampdoria di Vialli e Mancini (ma anche di Jugovic, Cerezo, Lombardo, del roccioso Pietro, italiano di provincia dal cognome russo) giocò un football meraviglioso agli ordini di uno slavo filosofo che sapeva smorzare i toni spiritati della domenica . Quel Boskov che spiegava: “Rigore è, quando arbitro fischia“. Li avrebbe voluti, quattro in una volta sola, Gianni Agnelli: Mancini, Vialli, Wierchowod e Moreno Mannini fantastico terzino fluidificante. Li chiese al presidente gentiluomo Mantovani che gli oppose un cortese rifiuto : quelli erano i suoi “figli“. E Mantovani come tali li trattava. Alla fine a Torino arrivò Vialli. Poi Jugovic e poi, anziano ma ancora validissimo Wierchowod . Non arrivò mai Mancini che pure la Juventus avrebbe potuto prendere giovanissimo dal Bologna ma per il quale Madama non allargò bastantemente i cordoni delle borsa. Al suo posto l’ Avvocato si consolò con Roberto Baggio. Nel 1991 la Sampdoria, la società con la maglia più bella del mondo, vinse lo scudetto. La squadra di amici che a fine allenamento giocava a basket ( pare che Katanec fosse imbattibile ) e che si mise alle spalle il Milan degli olandesi, l’Inter dei tedeschi, il Napoli di Maradona.
Mancini “ispirava“ e Vialli segnava. Anche se Gianlucaccio era solito dire scherzando che erano i suoi gol “impossibili“ che facevano sembrare assist, i cross che il Mancio “buttava a casaccio in mezzo all’area avversaria“. Non si sono mai persi di vista Vialli e Mancini. Erano “fratelli“ e si vedeva . Per i tifosi della Juventus, due sono i momenti (protagonista Vialli) messi in cornice. I due gol nell’epico Juventus – Fiorentina vinto in rimonta con la pennellata finale alla Caravaggio (altro che Pinturicchio) di Alex Del Piero. Vialli che segna, la gara è ancora aperta. Vialli che prende il pallone nella porta avversaria , se lo mette sotto al braccio e prima di posarlo nel cerchio di centrocampo invita a grandi gesti i compagni a “rientrare“ . Il “capo“ era lui. Ed era un capo che sapeva dare l’esempio . E poi quell’umanissimo timore durante i rigori contro l’Ajax nella gara che consegnò la Champion’s’ alla Juve . Io sono uno che la maledetta Coppa vinta contro il Liverpool, all’Heysel con un rigore fasullo e le decine di morti sulle tribune, la restituirei all’Uefa. Ma contro l’Ajax la Juve si fece onore. E Vialli confessò di non aver “guardato“, mentre l’ultimo penalty , quello decisivo calciato da Jugovic finiva nel sacco.
Nel giorno del cordoglio, forse Andrea Agnelli si sarà pentito di non aver “riportato“ Luca Vialli alla Juve con un ruolo dirigenziale. I tifosi lo avrebbero desiderato. Perché Vialli si è fatto amare: qualsiasi maglia abbia indossato. Forse quanti scrissero pagine infami su di lui accusandolo di “abuso di creatina“ oggi indosseranno il cappuccio della vergogna. Non so quale copricapo si calerà sul capo Arrigo Sacchi che “cassò“ Vialli dalla lista dei convocati per il mondiale americano. Pare per una “fuga“ notturna durante il ritiro di preparazione, infrangendo le ferree regole imposte da Sacchi.
Vialli e Baggio. Forse quel mondiale, con Vialli in coppia con “Raffaello“ avrebbe potuto avere un altro destino.
In qualsiasi posto della foresta sia svanito il Re Leone, le sue gesta non saranno mai cancellate .
Gianlucaccio è stato un “eroe“ moderno. Un uomo capace , eroicamente, di sopravvivere . Come il Cavaliere de “Il settimo sigillo“ Luca Vialli ha giocato a scacchi con la Morte. Solo che la Morte risulta imbattibile. Ma Luca ha saputo , a lungo, tenerle testa . Perché, spiegava Romain Rolland: “Gli eroi sono uomini: che fanno, ciò che possono“.
(Andrea Bosco)
DI MARIA L’ORA DEL ROSARIO
Il Rosario Central fa tremare i tifosi juventini, vuole a tutti i costi er secco.
Fin qui, per quello che non ha fatto vedere, i tifosi juventini non credo tremeranno, anzi.
Se invece decidesse una volta per tutte di scendere in campo e a farci fare quel famoso salto…beh allora a me personalmente dispiacerebbe se andasse via ma non proprio da strapparmi i capelli.
Amen!