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36 anni dalla tragedia dell’Heysel
Sabato 29 Maggio ore 16 Reggio Emilia commemorazione ricordo vittime dell’Heysel
Fiori ai caduti di Superga da parte del Comitato Heysel di Reggio Emilia.
35 anni dalla tragedia Heysel Venerdì 29 Maggio 2020 ore 21-30 in Diretta.
Venerdì 29 maggio 2020 in occasione del 35ennale della tragedia allo stadio Heysel di Bruxelles megliodiniente.com organizza online in diretta STREAMING su YOUTUBE e FACEBOOK la commemorazione annuale del ”Comitato per non dimenticare Heysel di Reggio Emilia”. Interverranno IULIANA BODNARI Presidente del Comitato BENEDETTO CROCE vicepresidente del Comitato FRANCESCO MUSINA responsabile per lo Sport MDN CARLO RICCI e NEREO FERLAT reduci della tragedia presenti nella tristemente famosa curva Z. Regia di Antonello Zedda.
SJR stagione 03 episodio 30
Torna come tutti i lunedi sera sesso juve e rock n’roll con Francesco Musina Arco Lubrano Toto Antonio Corsa Michele Fusco . Conduce Ben
Giornata della commemorazione caduti dell’Heysel presso monumento di Reggio Emilia
Il 2 Giugno 2019 come ogni anno si è svolto a Reggio Emilia la giornata in ricordo degli Angeli caduti all’ Heysel. Da molti anni conosco chi con molto amore e santa dedizione si occupa di questo monumento mettendoci davvero molto tempo e denaro affinchè questo luogo rimanga sempre bello e ordinato da visitare. Invito tutti recarsi presso il monumento per una visita, sia nel giorno della commemorazione sia per chi ha l’occasione di passare per Reggio Emilia. Vi invito a vederlo da vicino perchè da vicino è diverso, perché quelle steli parlano e vi raccontano. Da anni ho l’onore e il piacere di essere amico di Iuliana Bodnari che è la Presidente del Comitato Heysel di Reggio E. e suo marito Rossano Garlassi. Come spesso accade in queste cose il Comitato che si era prefissato di prendersi cura di questo monumento, che ricordiamo fu ritrovato in uno stato di totale abbandono e degrado, era composto da più persone, perché fare del volontariato richiede tempo e si fa perché ci credi. Ad oggi qualcuno ha mollato, defilandosi per un motivo o altro e sono rimaste queste due persone a prendersene cura. Per fortuna hanno trovato in tanti amici supporto sia fisico ma anche dal punto di vista economico. E’ stata realizzata una copertura per proteggere dalle intemperie il monumento, che vi ricordo in principio non era stato concepito per una esposizione esterna , questo grazie a una raccolta fondi di amici e tifosi che hanno creduto nel progetto del Comitato. Tantissimi lavori manuali come il taglio della siepe tutto intorno, o i lavori di ordinaria manutenzione per riparare dal gelo notturno, per pulire la copertura, per togliere le foglie secche oppure il taglio dell’erba , sono fatti da amici su base volontaria quando non può in prima persona lo stesso Rossano. Ecco perché in molti lasciano perché sudare si fa sempre fatica , meglio stare a chiacchiere in un bar al fresco. Il monumento è in condizioni eccellenti grazie alla dedizione di queste persone. Se oggi c’è un luogo che ricorda i nostri cari 39 Angeli lo si deve unicamente all’amore. Da questo anno ho l’onore di essere stato nominato Vicepresidente di questa associazione .Vi invito a recarvi al monumento per conoscere la storia dello stesso ma per conoscere cose della tragedia dello stadio Heysel che magari non conoscete, parlare con qualche reduce o sentire i racconti sulla storia delle vittime che sono stati quest’anno molto toccanti. E’ un luogo di pace e di aggregazione dove riflettere su tante cose ma anche un luogo di serenità e di amicizia. Anche quest’anno sono arrivati tifosi da tutta Italia e alla fine quasi tutti hanno partecipato al rinfresco dove veramente lo spirito bianconero viene fuori in tutta la sua gioia. Si perché dopo il rispetto e il silenzio c’è spazio anche per la gioia di ritrovarsi ogni anno tutti insieme e stare seduti allo stesso tavolo a condividere il pane e il vino. Mi soffermo solo per una cosa. Come ogni anno questo evento dall’esterno è stato accompagnato da una serie di polemiche sterili, inutili e pretestuose. Per fortuna non intaccano i buoni sentimenti che aleggiano nella giornata del ricordo. Tuttavia è abbastanza penoso vedere come molti non comprendano che ci sono momenti per la polemica e altri dove si dovrebbe soprassedere e dove dovrebbe prevalere il RISPETTO. E allora c’è qualcuno che si dimentica che si sta parlando di defunti e prevale il suo piccolo interesse personale del suo orticello. Non sto qui a ricordare tutte queste storie perché davvero non meritano di essere menzionate. Insomma ogni occasione è buona per un se o per un ma. La verità è che se si viene in questo luogo con il capo chino e il cuore aperto non si dovrebbe avere bisogno di così tante spiegazioni, anche perché non è la giornata delle proprie problematiche ma è la giornata dedicata al ricordo. Inoltre molte di queste spiegazioni come la presenza delle bandiere vengono da noi del Comitato spiegate. Io sono di Torino, parto con molta voglia e santo rispetto dalla mia città, faccio 3 ore di auto ad andare e 3 ore a tornare, pago la mia bella autostrada e la mia benzina o forse qualcuno crede che me la paghi qualcun altro? Quando arrivo non chiedo di parlare anche se sono il Vicepresidente ma anzi lascio lo spazio a chi ha qualcosa da raccontare, parlo se me lo chiedono . Non è uno show dove mettersi in mostra. E poi quando si va via si ritira, si lascia in ordine, si mettono a posto sedie, tavoli, qualcuno viene in treno ed è da accompagnare alla stazione e lo si fa con spirito di amicizia e collaborazione o pensate forse abbiamo i fattorini? Alla fine quando riparto restano i sorrisi, gli abbracci, una bottiglia di Lambrusco se è avanzata. Che si regala volentieri a chi c’è stato. Gesti che contano più di ogni altra cosa e che ti fanno tornare a casa con il cuore pieno di gioia sapendo che hai fatto una cosa buona e giusta a recarti a Reggio Emilia. Io mi domando e lo dico con molta amarezza: ma davvero c’è qualcuno che sta con il sedere sulla sedia di casa sua, che non ha mai tolto un filo d’erba da vicino al monumento, che pensa di mettere giudizio sul nostro operato? Venite piuttosto a darci una mano che sarete sempre benvenuti e accolti a braccia aperte da amici.
Scritto da
BENEDETTO CROCE
Vicepresidente Comitato Per Non Dimenticare Heysel
Giornata del ricordo dei caduti all’Heysel
Il Derby della mole. Intervista a Domenico Beccaria Presidente del museo del Grande Torino.
Intervista di Cinzia Fresia
L’odio tra squadre della medesima città è un fatto increscioso che non dovrebbe esistere, nonostante la provenienza comune, tra gli Juventini e tifosi del Torino regna l’incomunicabilità e se non è possibile amarsi, ci si dovrebbe almeno tollerare.
Se si è arrivati a questo punto è sicuramente a causa di incomprensioni del passato che con il tempo hanno infervorato gli animi, e che oggi peggiora sempre di più.
La tifoseria del Toro non sopporta i successi della Juventus ed è felice quando perde, ed è speranzosa di vederla fallire nei prossimi obiettivi. Il Torino dal canto suo, si lamenta e si sente la “Cenerentola” del Campionato, sempre maltrattata dagli arbitri e per nulla tenuta in considerazione.
Per approfondire l’argomento, sappiamo, molto controverso per le posizioni delle due praticamente agli antipodi, ne parliamo con un tifoso granata d’eccezione e dal ruolo importante che è Domenico Beccaria, giornalista, scrittore nonchè presidente del Museo Grande Torino, Domenico ha avviato un cammino pacificatore tra le due tifoserie, ed è sempre presente durante le celebrazioni organizzate in ricordo delle 39 vittime dell’Heysel ed è un piacere incontrarlo e averlo con noi, l’intento è di fare chiarezza per capire e magari un giorno poter risolvere.
Ciao Domenico, e grazie per essere qui,
Allora .. Juventus e Torino, amici mai .. ma nemmeno nemici .. si può fare secondo te? Non si riesce proprio a mettere un “macigno” sopra al passato e non parlarne più?
Secondo me non è il modo corretto di porre la questione. Il problema non è essere “amici” o “nemici”, perché il termine corretto dovrebbe essere “avversari”, ma siccome parliamo di una rivalità cittadina che dura da centodieci anni ed è molto sentita, mettersi il cuore in pace ed accettare il termine “nemici”, dando però ad esso delle connotazioni ben precise e fissando dei paletti dai quali non uscire. Credo che sia giusto che tra le due realtà calcistiche torinesi debba esistere una fiera rivalità, sia in campo, cercando di prevalere nel risultato, ma rispettando le regole del gioco e l’avversario, così come sugli spalti, inscenando le coreografie più fantasiose e belle, arricchendole magari con qualche bello striscione di sfottò reciproco, ma senza scadere nell’offesa gratuita o peggio, nel vilipendio della memoria di chi non c’è più.
Quando ufficialmente le due tifoserie hanno cominciato ad odiarsi seriamente, tanto da non potersi nemmeno tollerare?
Da cosa ricordo io, l’odio tra le tifoserie inizia negli anni settanta, forse anche un po’ figlio di quella tensione sociale che in quegli anni attanagliava l’intero Paese. Ci si contrapponeva tra destra e sinistra, ricchi e poveri, polentoni e terroni, biondi e bruni…insomma, ogni scusa era buona per trovare qualcuno da odiare e con cui litigare. Un clima che, non per nulla, è passato alla storia come “gli anni di piombo”.
Domenico, il Torino ha vissuto fasi altalenanti tra cui alcuni anni in serie B e non tutti i passaggi di proprietà sono stati positivi, oggi però il Toro sembra ritornato ad essere competitivo, grazie anche al lavoro di Giampiero Ventura, che ha riportato la tua squadra in serie A. Ad oggi tutto sembra più stabile?
Credo che il lavoro che Ventura abbia svolto con maggior profitto, nei suoi cinque anni al Torino, sia stato di “allevatore” non di “allenatore”. Con un semplice cambio di consonante, infatti, si sottolinea la quantità di giocatori che il mister ligure cresceva e valorizzava, con ben chiaro il motto “sei quasi pronto per una grande squadra”, quasi che nel destino del Toro non ci dovessero essere sogni di grandezza, e che anno per anno andavano ad ingrossare le fila delle cosiddette “plusvalenze”, ovvero di quei giocatori che erano arrivati per pochi soldi e avevano lasciato, alla loro partenza un ricco tesoretto da spendere, che però Cairo non spendeva mai, se non in minima parte. Giusto per capirci, alla Juventus la partenza, magari dolorosa, di Pogba, è servita a concretizzare l’arrivo di Higuain e Pjanic. Le partenze di Grella, Dzemaili, Rosina, Ogbonna, Cerci, Immobile, Darmian, Glik, Peres, Maksimovic e spero di non aver dimenticato nessuno, chi hanno portato? La stabilità, a mio avviso, è data più da un livellamento verso il basso del nostro campionato, causato da tutta una serie di fattori, soprattutto economici, che col gioco del calcio hanno poco a che fare.
I tifosi del Torino, sono soliti attribuire la responsabilità circa le proprie disgrazie alla Juventus, di questa visione i tifosi granata ne sono convinti e non perdono occasione per accusare e lanciare maledizioni a ai tifosi bianconeri, colpevoli di esistere, questa è una posizione peraltro poco veritiera, non è tempo che anche la società distolga la tifoseria da questi pensieri che portano male, odio e insofferenza, per ricominciare una nuova vita?
Beh, credo tu voglia darmi atto che vivere nella stessa città dove c’è la famiglia che da cent’anni abbondanti, col suo potere e la sua ricchezza, ha scritto la storia del nostro Paese, influenzandone in molti momenti il corso, non sia facile. Sicuramente se noi granata ci sentiamo un po’ schiacciati da tutto questo, non sarà solo frutto della nostra fantasia, no? Dicono che anche i paranoici abbiano dei nemici, quindi consentimi, di avere qualche dubbio in merito. Con ciò, questo non deve essere motivo di scusa per giustificare i nostri errori o i nostri fallimenti sportivi. Dobbiamo avere la forza di crescere e crearci il nostro futuro, anche se oggettivamente le condizioni ambientali non sono le migliori. In una città come Napoli, Firenze o Bergamo, dove c’è una sola squadra, è certamente più facile e lo stesso discorso vale per città come Milano, Roma o Genova, dove la disparità tra le due realtà societarie è meno accentuata che a Torino. Quanto alle maledizioni, non credo abbiano mai ammazzato nessuno. Se qualcuno crede veramente che basti augurare male a qualcuno, per vederlo realizzato, è veramente limitato mentalmente. Per esperienza personale, se tutte le maledizioni che mi hanno lanciato i granata che non la pensano come me riguardo a Cairo e non solo, avessero attecchito, sarei già morto da un bel pezzo. Lasciamo la superstizione al suo giusto posto. Una cosa di cui ridere e scherzare, ma senza darvi troppo peso.
Questo odio e modalità anti-juventina fomentato anche dalle società in generale nel nostro campionato, non sta secondo te portando alla deriva questo sport? Invenzioni, accuse senza prove tutto per colpire la Juventus, non sembra un atteggiamento pericolosamente cervellotico che non c’entra nulla con lo sport?
No, non credo. Intanto credo e devi darmi anche atto del fatto che negli ultimi decenni la Juventus è stata coinvolta in diversi procedimenti, sportivi e civili, che non l’hanno vista uscire bene. Prescrizioni (che non sono assoluzioni) o condanne mai accettate (gli scudetti revocati) non sono episodi che aiutano a distendere e rappacificare gli animi. Ti racconto un episodio curioso. Al Museo del Grande Torino, abbiamo esposto un cimelio che non perdo mai occasione di far notare ai visitatori che accompagno in visita. SI tratta di una lettera su carta intestata del Torino Football Club, datata 1929. Il contenuto è di poco interesse, ma è bellissimo notare il testo dell’intestazione. Al Torino, Campione d’Italia 1926/27 e 1927/28, fu revocato per una presunta combine nel derby con la Juventus, il primo dei due scudetti. Ma la società aveva nel frattempo già provveduto a far stampare la carta intestata che recava entrambi i titoli come vinti. Beh, senza star li a farla tanto lunga, il dattilografo che aveva battuto a macchina la lettera, aveva tirato due righe sul primo dei due scudetti, cancellandolo e tanti saluti. Rifare la carta costava evidentemente di più che accettare serenamente il verdetto della giustizia sportiva. Si dice che le sentenze si possano ricorrere fintanto che la giustizia lo consente, in ogni grado e sede di giudizio, ma una volta passate in giudicato perché definitive, vadano accettate. Probabilmente da parte bianconera riconoscere che nel periodo Moggi – Bettega – Giraudo sono stati commessi degli errori e quindi accettare la sentenza, visto che oltretutto si è già pure scontata la pena (retrocessione e penalizzazione) sarebbe un bel modo per mettere la famosa pietra sul passato e mettere tutte le altre società e tifoserie nella posizione di non poter più criticare la Juventus. D’altronde sbagliare capita a tutti. Ma solo gli Uomini, con la maiuscola, riconoscono i propri errori e sanno emendarsi.
Parlando di morti, le nostre due squadre hanno in comune degli eventi tragici, la sciagura del Grande Torino e la strage all’Heysel a Bruxelles, ancora oggi ci fa male a volte anche a parlarne, potrebbe esistere quel giorno in cui celebreremo insieme ricordando questi morti, almeno per quel giorno senza recriminazioni?
Questa è una delle cose che mi sta più a cuore. Come ho detto nella risposta alla prima domanda, è indispensabile fissare dei paletti di civiltà dai quali non uscire mai per nessuna ragione. Sono fermamente convinto che si possa tifare a favore, si possa anche tifare contro, ma assolutamente non si debba mai perdere di rispetto a chi non c’è più. Anche certi sottili distinguo, come rispetto per tutti, onore solo ai nostri, non sono belli, anche se parzialmente comprensibili. Per quale ragione dovrei rifiutarmi di onorare un Uomo, sempre con la maiuscola, come Roberto Lorentini, medico aretino trentunenne, che salvatosi dalla prima carica degli hooligans, scelse di ritornare indietro per aiutare i feriti che giacevano a terra e morì tragicamente durante il secondo barbaro assalto degli inglesi? Forse perché era juventino? Ma assolutamente NO! Giù il cappello davanti ad un personaggio di tale spessore morale e coraggio umano, di qualsiasi parte politica, fede religiosa, credo calcistico o colore della pelle. Persone di questo valore danno un senso compiuto alla parola “umanità” e se mi rifiutassi di onorarlo non sarei migliore dei delinquenti che l’hanno ucciso. Quindi, sarebbe ora, da una parte e dall’altra, di smetterla di nasconderci dietro ad un dito. Basta con scuse puerili come “ma loro hanno detto…” o oppure “ma hanno iniziato prima loro…”. Chi se ne frega. Non conta chi ha iniziato, ma chi avrà il coraggio di smettere.
La Juventus, sta disputando una stagione entusiasmante, e’ prima in classifica e sta lottando per la conquista dello scudetto, ha ottenuto la finale di coppa Italia e a breve dovrà affrontare il ritorno della semifinale di Champions, secondo il tuo giudizio, la Juventus di Massimiliano Allegri, può vincere la Champions?
Sicuramente si. Se è arrivata a questo punto della competizione, eliminando con pieno merito una squadra come il Barcellona, ha sicuramente le possibilità di aggiudicarsi il trofeo. Ma non dimentichiamoci che di fronte troverà compagini che sono arrivate anch’esse fin qui con pieno merito. E per onestà, aggiungiamoci che il Real Madrid ha qualcosa in più della Juventus. Che non significa che sicuramente vincerà la coppa, ma che se a vincerla sarà la Juve, maggiore sarà il merito bianconero.
Anche il Torino avrà il suo stadio, come sta vivendo la tifoseria granata questa fase?
Beh, il Torino avrà il Filadelfia che però non sarà l’equivalente del JStadium. Si tratta di un impianto di capienza limitata che sarà usato per gli allenamenti della prima squadra e le partite della Primavera. Ma è comunque un primo passo verso il ritrovamento di una identità che negli ultimi due decenni s’era un po’ sbiadita. Se noi tifosi sapremo restituire al nuovo Filadelfia lo spirito che permeava lo storico campo, sarà certamente un bel successo e un passo significativo sulla buona strada.
Ritieni che l’ingresso di capitali di investitori stranieri che stanno rilevando le quote maggiori delle squadre italiane in deficit, sia un dato preoccupante o un male necessario per poter mantenere il Campionato di calcio in Italia?
Ne l’uno ne l’altro. Si tratta semplicemente di uno degli effetti della globalizzazione, per cui è normale che un investitore guardi più in la, a volte molto più in la, del suo orticello di casa e spazi per tutto il globo. I mali che affliggono il calcio sono ben altri, a partire dalla scelta di accentrare a favore di poche squadre il grosso dei proventi dei diritti televisivi e pubblicitari, creando così una squilibrio evidente, togliendo interesse ad un campionato che a gennaio ha già emesso una buona parte dei suoi verdetti e che la gente segue sempre più mal volentieri. Lo spezzatino che ci propinano, spalmando su più giorni ed orari le partite, nel tentativo di vendere a quanti più utenti televisivi quanti più eventi possibile, non fa altro che peggiorare la situazione, svuotando gli stadi da uno dei due attori principali dello spettacolo calcio. I tifosi. Senza di essi, viene meno il significato del contendere e dell’aver successo.
Domenico, tu pensi che se la Juventus emigrasse in un altro campionato, richiesta che noi tifosi da quando fu mandata ingiustamente in b chiediamo, voi sareste più felici?
Per quel che mi riguarda, sarei più triste. Ho un sacco di amici bianconeri, con cui ci sfottiamo senza pietà. Se dovessi per colpa di questa emigrazione sportiva perdere qualche sfottò, sia in entrata che in uscita, sia ben chiaro, ne sarei impoverito. L’ironia è il sale della vita e ogni battuta spiritosa persa o mancata, è una risata in meno che ci regaliamo in questa nostra esistenza invece così ricca di ragioni per piangere e rattristarsi.
“Domenico, tu sei il Presidente del un museo dedicato al “Grande al Torino” che ha sede a Grugliasco, in provincia di Torino, ci puoi raccontare com’è nato il progetto e il tuo impegno nei confronti di questa importante testimonianza storica?”
Il progetto di creare un museo dedicato al Torino nasce nel 2002, al termine di un triennio di mostre itineranti dedicate alla tragedia di Superga, iniziate nel 1999, cinquantesimo anniversario della tragedia. Volevamo mettere un “punto e a capo”, ma ci siamo riusciti solo in parte. Se da una parte siamo riusciti a creare un museo che proprio quest’anno compie 15 anni, dall’altra non siamo riusciti a fermare la fiumana di mostre itineranti. Eravamo arrivati a 52 nel 2002 e oggi siamo a oltre 150. Cui vanno aggiunte quella creata tre anni fa, chiamata “70 Angeli in un unico Cielo. Heysel e Superga tragedie sorelle”, dove settanta è appunto la somma tra le trentuno vittime di Superga e e le trentanove dell’Heysel, realizzate dal nostro museo con gli amici bianconeri Domenico Laudadio, curatore della “Sala della Memoria Heysel” museo virtuale sul web e Francesco Caremani, giornalista e scrittore, autore di un libro sulla tragedia dell’Heysel. Insomma, un percorso culturale ancora in pieno itinere. Il mio impegno culturale nasce nel 1994, quando viene chiuso il Filadelfia e si decide con alcuni amici di fare qualcosa per protestare contro questa decisione è dura tuttora. E visti da una parte i lusinghieri risultati e dall’altra quanto ci sia ancora da fare, credo che durerà ancora parecchio.
(Sia Domenico Laudadio che Francesco Caremani sono stati intervistati in passato da questo blog n.d.r.)
Hai un sogno nel cassetto che ti piacerebbe realizzare in questa vita che riguarda la tua squadra, e ti piacerebbe condividerlo con noi?
Mah, sogni nel cassetto ne ho tanti, ma quello che oggi vorrei condividere con voi è quello che per mio padre e il suo amico Aldo, non era un sogno, ma la realtà. Erano entrambi della classe 1928 e nel secondo dopoguerra non c’erano tanti soldi o possibilità per divertirsi. E allora, siccome Aldo giocava nelle giovanili della Juventus, di cui era anche accanito tifoso, ed aveva il tesserino che lo autorizzava ad entrare gratis alle partite casalinghe sia della Juve che del Toro, una domenica andava al Filadelfia, entrava e poi faceva furtivamente passare il suo tesserino tra le sbarre dei cancelli a mio padre, che a sua volta entrava gratis a vedere il suo amato Toro. Ma la domenica seguente, la scena si ripeteva al Comunale, dove l’ospite che assisteva alle gare interne bianconere era lui. Il tutto con mille battute e sfottò, ma senza mai un litigio o una parola fuori posto. Così dovrebbe essere, nel calcio come nella vita. Lo so che non è semplice, ma che ci costa provarci?
Grazie a Domenico Beccaria da parte di tutti noi del Blog per la piacevole chiacchierata.
Boniperti: cose che nessun Juventino ha osato dire
Articolo di Alessandro Magno
In questi giorni si è festeggiato il compleanno di un personaggio importantissimo per la storia della Juventus: Giampiero Boniperti. Boniperti è stato prima di tutto un grandissimo giocatore. Forte tecnicamente e vincente. Prima di Del Piero deteneva lui tutti i record di presenza e realizzazioni. E’ stato nazionale e capitano di lungo corso. A fine carriera dopo una piccola esperienza da allenatore è rientrato in società con la qualifica di Presidente ed è stato artefice della realizzazione di una delle Juventus più vincenti della storia, la Juve di Trapattoni che va dalla Juve tutta italiana che vinse coppa Uefa e campionato , fino alla Juve di Platini che vinse tutto arrivando fin sul tetto del mondo con l’Intercontinentale vinta a Tokyo.
Boniperti è stato, oltre che un grande giocatore, un grandissimo Presidente. Lo dicono chiaramente i risultati che sono incontrovertibili. E’ stato anche e senza ombra di dubbio, un grande Juventino avendo dedicato quasi tutta una vita alla Juventus. Tuttavia Boniperti a mio parere non sempre è stato un grande uomo o si è comportato da tale. Ci sono due episodi nella sua storia che non me lo fanno apprezzare e uno di questi mi crea sempre un brivido lungo la schiena ogni qualvolta io lo vedo o lo sento nominare. Il primo di questi episodi è stata la nostra discesa in serie B mandati da una farsa che ormai è nota a tutto il mondo come farsopoli o calciopoli. Ormai per chiunque si volesse un minimo informare appare evidente che questo evento è stato creato ad arte per cercare di rovinare la Juve. Bene in questo frangente non solo Boniperti non ci ha visto lungo andandosi a schierare con l’avvocato Zaccone e con John Elkan andando ad affermare che fosse giusto tutto quello che ci stavano facendo ma ha avuto la cattivissima idea di andare a togliersi qualche sassolino dalle scarpe attaccando pesantemente Moggi definendo la sua gestione un periodo da dimenticare. Un attacco personale e ingiustificato dato che Moggi non aveva mai attaccato Boniperti che in ogni caso quando gli subentrò Moggi nella gestione, aveva già fatto il suo tempo. Ma questa, anche se passa alla storia come una mancata difesa della Juve e per questo non gli rende onore, potrei anche archiviarla come bega personale.
In ogni caso non è questa la cosa più inquietante che ha fatto Boniperti in carriera. Boniperti ha sulla coscienza la cattiva (cattivissima) gestione della questione Heysel. Si badi bene, non ho nulla da rimproverare a giocatori che hanno giocato quella partita, a chi ha festeggiato il rigore assegnato o il gol, o a chi ha sollevato la Coppa. Conosco bene tutta la vicenda e molti nostri nemici ne parlano solo per strumentalizzarla. Quella finale è stata una catastrofe, una tragedia, un cataclisma. E’ stato come trovarsi in mezzo a un terremoto o a un inondazione insomma uno di quegli eventi non previsti e più grandi delle persone che li subiscono. In quei momenti non si può pensare col senno di poi a fare le pulci a chi ha agito in un modo piuttosto che in un altro. In quei momenti c’è chi ha paura giustamente, chi si adopera per gli altri, chi vorrebbe fare ma è inerme, chi ha un potere decisionale e non lo sa adoperare. Non ho nulla da rimproverare ai giocatori della Juve che hanno vissuto in prima persona quella tragedia. Nulla.
Tuttavia a bocce ferme si doveva riflettere e cercare di gestire al meglio la questione. Boniperti avrebbe dovuto adoperarsi per conto della Juve per cercare di lenire o alleviare per quanto possibile, le sofferenze dei tifosi che avevano perso i propri cari in quella maledetta sera. Boniperti invece non solo non ha fatto nulla di tutto questo ma si è messo di traverso creando un muro invalicabile fra quelle famiglie e lui (e la Juventus). Ha preso la coppa l’ha messa in bacheca ma di quelle famiglie non ne ha voluto minimamente sapere. Mi risulta non siano state nemmeno aiutate a rientrare in Italia nè abbiano mai avuto un minimo di solidarietà, nè tanto meno un indennizzo o risarcimento. Quelle persone per Boniperti sono state solo 4 rompicoglioni che era meglio se si stavano zitti, d’altronde mica glieli aveva ammazzati lui i parenti. Questo è stato anche Boniperti, purtroppo.
Ecco perchè non mi sono accodato agli auguri per il suo 87mo compleanno. Nonostante ripeto ne riconosca la Juventinità e l’importanza storica che ha ricoperto e tutto il bene fatto a livello sportivo, quel brivido lungo la schiena ogni volta che lo vedo, non lo posso cancellare. Non è vero presidente Boniperti che ”vincere è l’unica cosa che conta” la vita conta più di ogni vittoria sportiva. La dignità contà di più. La storia insegna ad esempio che i 300 spartani di Re Leonida sono stati trucidati alle termopili dai Persiani. Hanno perso. Si hanno perso. Eppure loro sono ricordati più dei Persiani che hanno vinto. Perchè non è vincere ma lasciare un segno nella storia quello che conta. Ci sono ancora un pò di anni di vita per redimersi e chiedere scusa a tutte quelle persone Juventine come lei e forse più di lei a cui lei ha fatto veramente del male Presidente. Lo faccia perchè la storia non si può cambiare e neppure nascondere.
Trent’anni fa l’Heysel.
Articolo di Silvio Mia.
Il 29 maggio 1985 rimarrà una data ben scolpita nella mente di tutti, juventini e non , perché la tragedia che si è materializzata quella sera è stata veramente un dramma che va oltre ogni immaginazione. Mi ricordo che nell’Azienda in cui lavoravo , c’era molta attesa per questo incontro. Per una volta non vedevo aggirarsi gufi o fantasmi anti-juventini e mi sembravano tutti sinceri e convinti , nell’affermare che questa per la Juventus sarebbe stata la volta buona. D’altra parte a Gennaio , in una gelida ed innevata notte torinese, i bianconeri avevano fatto le prove generali battendo al Comunale i reds di Liverpool per 2 a 0 con un doppietta di Zibi Boniek il “ bello di notte “ , copyright Avvocato Agnelli. Il risultato aveva permesso di mettere in bacheca la SuperCoppa Europea , disputata in qualità di detentori della Coppa dei Campioni da parte del Liverpool e della Coppa delle Coppe da parte della Juventus. Nella stagione precedente , gli inglesi avevano battuto a Roma in finale i giallorossi padroni di casa dopo i calci di rigore ,mentre la Juventus aveva superato a Basilea 2 a 1 il Porto con le reti di Vignola e Boniek. A conferma su quanto pensavo della sincerità dei miei colleghi, venne fatta una mega colletta cui parteciparono tutti , compresi anche quelli che non si interessavano di calcio . La colletta serviva per pagare un pasticcere che in caso di vittoria della Juventus avrebbe dovuto costruire un torta raffigurante un campo di calcio , con una Coppa di cioccolato nel mezzo.
Arrivato il fatidico giorno già dal mattino la tensione e l’adrenalina stavano superando i livelli di guardia. Con mio fratello, tifoso granata, avevo programmato la visione dell’incontro a casa di amici juventini, dove alla faccia della scaramanzia in frigorifero riposavano in attesa della vittoria una bottiglia di Champagne ed una torta. Arrivati con qualche minuto di anticipo, ci siamo sistemati nelle posizioni strategiche , quelle che portano bene, vestiti di maglie juventine , con le immancabili sciarpe bianconere al collo , eravamo in attesa del collegamento . Appena la Rai si è collegata con lo stadio teatro della sfida, sentendo la voce del telecronista Bruno Pizzul che parlava in tono molto sommesso di incidenti che erano avvenuti e che stavano continuando, abbiamo capito che qualcosa di grave era successo , anche se non nelle proporzioni con cui poi si è materializzato. Si pensava ai soliti scontri tra tifoserie ed a qualche contuso , ma alla notizia data da Pizzul che sul prato giacevano dei morti , nei nostri pensieri tutto si poteva pensare meno che alla disputa della partita. Si pensava ai tifosi partiti per assistere ad una festa di sport ed alle loro famiglie sconvolte dalle notizie che stavano arrivando. Quello che irritava era vedere la Polizia belga che invece di intervenire , osservava lo scempio che gli Hooligans stavano continuando a fare , provocando la fuga dei tifosi italiani, che erano tutti ammassati dato che per la pressione della spinta delle persone era crollato un muro.
Immagini impressionanti di gente che chiedeva aiuto schiacciata sotto altre persone, gente priva di vita adagiata sulle transenne che fungevano da barella e gente ferita , piangente e spaventata alla ricerca di soccorsi. La situazione era fuori controllo , il servizio d’ordine quasi inesistente e dall’altra curva , vedendo , ma fortunatamente non rendendosi conto dell’effettiva gravità di quello che era successo, stavano comunque entrando in campo i tifosi juventini per cercare una vendetta che se portata a termine , avrebbe provocato una carneficina. L’ingresso in campo dei giocatori per cercare di calmare le acque è riuscito in parte ad evitare un tutti contro tutti veramente pericoloso. Dalla cabina radio i due capitani , leggevano un avviso dicendo che la partita si sarebbe disputata, per permettere lo sgombero dello Stadio senza altri incidenti. Allucinante quello che era successo e che con crudeltà d’immagine stavamo vedendo attoniti ed impotenti davanti alla televisione. Sapremo solo in seguito lo spaventoso tributo di sangue pagato per un incontro di calcio, 39 anime innocenti erano state sacrificate alla follia ed alla violenza umana . Erano morti padri di famiglia con i loro figli , gente comune che nulla aveva da spartire con questi animali ubriachi che ,con il loro assurdo comportamento avevano provocato questa tragedia. Noi con le lacrime agli occhi , smesse le maglie e tolte le sciarpe siamo tornati a casa, e mi ricordo che a parte qualche idiota che strombazzava e festeggiava chissà cosa, attraversando la città abbiamo potuto notare un rispettoso silenzio verso chi era volato in maniera tanto assurda, in cielo.
L’Heysel non è successo per caso, per quanto ne so io, i tifosi inglesi che erano stati a Roma l’anno precedente quando avevano vinto la Coppa contro la Roma , avevano subito dei gravi maltrattamenti da parte dei tifosi avversari , ed infuriati avevano promesso vendetta allorchè il Liverpool avesse giocato contro una squadra italiana , cosa che non era potuta avvenire a gennaio a Torino per ovvie ragioni numeriche , ma che puntualmente si è realizzata in Belgio. Violenza chiama violenza . A margine , e mi scuso se questa volta mi sono dilungato , ma l’argomento lo richiedeva, voglio ancora aggiungere tre pensieri. Il primo è che mi fanno sorridere quelli che dopo una simile tragedia , disquisiscono , ed è ancora argomento dei giorni nostri, sul fallo che ha generato il calcio di rigore decisivo per la Juventus , sull’ esultanza dei giocatori provati e sconvolti dalle scene che avevano visto , ed obbligati a giocare contro la loro volontà , sull’esultanza di Platini , dopo aver calciato e segnato la massima punizione. Si vede chiaramente che la sua espressione facciale è come uno sberleffo all’aria di morte che aleggiava nello Stadio , sulla consegna della Coppa e sull’ opportunità di tenerla o meno , quando gli argomenti da affrontare sarebbero ben altri. La seconda , ben più importante è che nessuno ha chiesto “ la testa” di chi ha assegnato una finale di Coppa dei Campioni ad un impianto così fatiscente , in cui secondo il mio parere non si sarebbe potuta giocare neppure una partita amichevole e vorrei sapere se qualcuno responsabile delle Forze dell’Ordine , ha pagato l’inefficienza di intervento , la disorganizzazione e i ritardi dei soccorsi . Inoltre voglio pensare che se invece di una corda , avessero messo due cordoni di poliziotti a dividere le due tifoserie , chissà magari le cose non sarebbero andate in quel modo. La terza riguarda la mega torta aziendale che avrebbe dovuto essere consegnata la mattina seguente la partita . Arrivati sul posto di lavoro, si commentavano con rabbia e mestizia gli avvenimenti che tutti noi avevamo visto la sera precedente in televisione. Tutti si pensava che il pasticcere , visti i tragici accadimenti , avesse desistito dal preparare il dolce , anche per un senso di rispetto verso chi aveva perso la vita in quella maniera assurda. Evidentemente il buon senso non era nelle corde di questo individuo , che per non perdere un lauto guadagno , alle ore 11 circa del mattino seguente, come da accordi in caso di vittoria bianconera, non tenendo conto di nulla di ciò che era successo , ci ha fatto recapitare la mega torta, di per se bellissima , che noi invece che piena di crema , vedevamo piena di sangue versato da innocenti.
Ovviamente non è stata fatta nessuna festa , si è tagliato il dolce per non buttarlo nell’immondizia, ma la mia soddisfazione è stata che alla fine della giornata, tranne poche persone , nessuno aveva consumato quella torta insanguinata. Un gesto di rispetto verso 39 angeli.. La partita. Sinceramente a parte il lancio in profondità a Boniek che scattato in contropiede si invola verso l’area avversaria provocando il fallo del difensore avversario, giudicato dall’arbitro in area, ma che poi si vedrà avvenuto fuori dalla stessa e dalla trasformazione della massima punizione da parte di Platini, non ricordo un granchè. A quel punto , dopo quello che era successo , ciò che si sarebbe materializzato sul rettangolo di gioco non interessava e non contava più nulla….Juventus-Liverpool 1 a 0…..