Un’altra doccia fredda per tenerci svegli.

verona juve 2

di Davide Peschechera

Nessun disfattismo, nessun processo. Questa squadra non si può processare. Non si deve criticare. Anzi. Ma se ne può parlare, discutere, questo sì. Si possono fare delle valutazioni per migliorare, evidenziare i limiti e non solo i pregi, come facciamo il più delle volte. È una Juve più umana di quanto si creda, questa, capace di tutto. A Roma sono stati due punti guadagnati, col Verona sono stati due punti persi, cominciamo col dire questo. 4 punti da analizzare: i cali di tensione, i gol presi su calci piazzati, i cambi di Conte e le motivazioni di alcuni calciatori.

Non dobbiamo mai fare due goal prima del 60° se no poi ci addormentiamo. Questi, ripetuti, cali di tensione rappresentano il limite della Juventus di quest’anno. Crisi di gennaio? Richiamo della preparazione? Secondi tempi sottoritmo? Macchè, nessun calo fisico. La Juve quest’anno spegne semplicemente il cervello, molla la presa, stacca la spina. Non serve andare sempre a mille per vincere, basta giocare con intelligenza in alcuni frangenti. La necessità era solo una: tenere in cassaforte il pallone, gestire le situazioni, temporeggiare. La Juve fisicamente c’è e lo dimostra con i primi tempi che gioca. Le disattenzioni e i cali di concentrazione sono invece tornati: a Bergamo, a Cagliari, in casa con la Samp, a Roma con la Lazio e addirittura con l’Inter. È un fatto mentale. Non è una squadra nata per gestire il risultato, questa. 0 tiri in porta, 0 corner, 24% di possesso palla. 2 gol identici subiti dal Verona. È evidente che non abbia questa dote nel suo dna, ma può almeno imparare a farlo. Ad un certo punto, la squadra cala d’intensità e d’agonismo. È una squadra istintiva, che non sa controllarsi: o tutto o niente. Come Carlos Tevez: quando comincia a segnare in una partita, non si ferma più, doppietta col Verona e tripletta col Sassuolo. Quando non lo fa, dispensa “solo” assist e giocate essenziali ai fini del risultato.

Quanti goal abbiamo preso quest’anno su palla inattiva? 7 gol su diciotto sono arrivati da palla inattiva, dei quali cinque da corner, due da punizione indiretta. In 23 partite. Troppi, in tutti i sensi. Quasi metà delle reti incassate arrivano da questa strana e spiacevole situazione, 6 di questi 7 sono stati subiti tra gennaio e febbraio. Le due reti segnate dal Verona sono la goccia che hanno fatto traboccare il vaso dopo che il campanello d’allarme aveva già suonato contro Inter, Sampdoria, Cagliari. Nonostante la Juve domini e vinca le partite, la statistica comincia a gonfiarsi sulle incertezze e i rilassamenti derivanti da calci da fermo o cose simili. La Juventus non può andare in così netta difficoltà su ogni calcio da fermo. Una tendenza pessima che non si riesce ad arginare. Una condanna che potrebbe costarci cara. Andiamo nel panico totale e non siamo tranquilli in queste situazioni. Sono una sofferenza, una vera maledizione questi calci piazzati e questi calci d’angolo. La zona in difesa su palle inattive non funziona, sulle palle alte soffriamo troppo (da sempre). Da notare come il 2-2 arrivi da punizione battuta lentamente dal Verona con nessuno che presidia la fascia sinistra(né Pogba né Peluso) e Ogbonna che si perde Gomez. Completamente disarmati e disorganizzati su questa situazione di gioco, ignoranti di cosa si debba e si possa fare per cambiare tendenza. e reagiamo spaesati. Conte ha parlato addirittura di panico, di ansia, di squadra sconnessa, ci lavorerà su. Mi augurio, spero e credo che di rimonte come questa non ce ne saranno più, mi fido del mister e delle due parole.

Però, anche Conte che dice di pensare ai centimetri quando fa entrare qualcuno dalla panchina è una bella scusa che utilizza spesso, a caldo e a freddo, davanti ai microfoni. Peluso per Asamoah in teoria perchè più bravo il primo del ghanese sulle palle alte, senza considerare che un cambio del genere è un messaggio di sfiducia per la difesa, sollecitata da un numero di palle perse dal centrocampo davvero enorme, sfortunata quando anche Chiellini deva abbandonare il campo, in difficoltà quando con l’ingresso di Osvaldo per Llorente si comincia, come già detto, a verticalizzare invece di gestire le situazioni, temporeggiare, tenere in cassaforte il pallone. A Copenaghen De Ceglie in campo con Giovinco e Tevez in attacco. Non credo che Conte non sappia fare i cambi ma è dell’idea che in campo vadano i migliori e quelli devono vincere la partita e restare sino al 90esimo o quasi. Lungi da me dire che sia un ragionamento sbagliato ma è sicuramente un ragionamento che non sempre premia. Il più delle volte sì. Cambio gettato alle ortiche, dunque, quello di Asamoah-Peluso, con Marchisio che sarebbe potuto entrare al posto di Vidal o Pogba, irritanti. Pessimi. Idem Llorente. Forse è per questo che è arrivato Osvaldo e sarebbe dovuto arrivare Guarin. Cito testuali parole: “Abbiamo una Europa League da giocare e un Campionato da vincere, qualcuno è qui da troppo tempo e va smosso, serve entusiasmo e concorrenza, anche se ci sono gerarchie ben precise lì davanti”.

Il fatto che Conte abbia ribadito che: “Il campionato è molto lungo e non si è ancora vinto nulla: abbiamo conquistato due scudetti con cattiveria e dovremo fare lo stesso quest’anno. E’ un pareggio che ci farà fare un bagno d’umiltà”. E poi: “Dobbiamo stare attenti, altrimenti vanifichiamo tutto quello che di bello abbiamo fatto. Farò le mie valutazioni serene, inevitabile che il posto bisogna tenerselo ben stretto, soprattutto a centrocampo dove c’è Marchisio che si sta sempre sedendo in panchina. E poi abbiamo preso Osvaldo che potrebbe essere un’alternativa in attacco. Non ci sono titolari o vice, gioca chi sta meglio. L’importante è avere giocatori che abbiano voglia di mettermi in difficoltà nelle scelte. Dare la colpa al turnover, visto che abbiamo una partita a settimana, non mi sembra il caso. Le motivazioni devono sempre essere al mille.” deve far riflettere: ha fatto chiaramente capire che potrebbero esserci dei cambiamenti nelle zone in cui la squadra non ha funzionato. Nelle zone, come il centrocampo, in cui si facevano colpi di tacco sul 2-0 e sul 2-1.

Insomma, il fatto che le lezioni non vengano assorbite rappresenta un evidente limite. Il passo tra campo e panchina è brevissimo e qualcuno meriterebbe un turno di riposo, giusto per riflettere, meditare, ricaricare le pile. La competizione interna evita i cali di tensione. Qualche scelta rumorosa potrebbe essere propedeutica. Leggerezza e qualche motivazioni persa per strada. Sufficienza, approssimazione, supponenza, sembrava che la gara fosse già terminata, per come facevano girare la palla, mentre c’era ancora tutto un tempo da giocare. Il riferimento è a Vidal e Pogba. Intanto il consueto giorno di riposo è andato a farsi benedire, mezz’ora di chiacchierata e poi tutti a casa a pensare.

Tutto quello che ha un inizio, ha anche una fine. Ci sono vaghe similitudini tra il pareggio di Verona e la sconfitta di Firenze (20 ottobre), là dove in entrambe le partite la Juventus è stata rimontata in maniera eclatante dall’avversario dopo averlo schiacciato e aver chiuso il primo tempo in vantaggio di due gol. La similitudine sta nella presunzione di una squadra che a volte si rende conto di essere molto più forte. Prevenire è meglio che curare e quest’anno si fa bene a resettare certe situazioni ormai cristallizzate e a non considerare il successo come un evento acquisito. La Roma è un avversario temibilissimo che fa bene a crederci visti gli scivoloni che fa la Juve di tanto in tanto. La storia è piena di inciampi e rimonte: conviene che l’allenatore ne metta a conoscenza il gruppo. Pepito Rossi e la Fiorentina, Antonio Candeva e la Lazio. Due giocatori, due squadre, due città diverse. Si era aperta dopo la tripletta subita a Firenze, la striscia di vittorie consecutive della Juventus, si è chiusa con il pareggio all’Olimpico, contro la Lazio. Juve fermata dopo ben dodici vittorie consecutive in Serie A. Genoa, Catania, Parma, Napoli, Livorno, Bologna, Udinese, Sassuolo, Atalanta, Roma, Cagliari e Sampdoria. Tutte messe sotto negli ultimi mesi, tra goleade e pochissime sofferenze. A Bergamo invece si era fermata l’imbattibilità di Buffon: 745 minuti e sesto posto nella classifica dei portiere più a lungo imbattuti in A. Speriamo che il 2-2 di Verona, molto simile alla sconfitta di Firenze per come è arrivato, dia un’altra bella scossa a tutto l’ambiente.

Infine la moviola. Era in fuorigioco Tevez di una gamba, era in fuorigioco Toni, di testa, ma con altri 4 veronesi. Restano nel finale le proteste del Verona per il mano di Lichtsteiner che salta su Toni e colpisce con il dorso della mano molto larga. E’ vero però che lo svizzero non può rendersi conto della cosa essendo di spalle e il pallone colpisce la sua mano senza che lui la muova. L’interpretazione della non volontarietà ci può stare. Nel caso del tocco di mano di Vidal, invece, si può configurare un movimento che tenda a costituire maggior ostacolo: Vidal vede arrivare il pallone e allarga il braccio, forse involontariamente, ma il contatto è tale che potrebbe meritare il rigore anche se Doveri lo giudica completamente involontario e meccanico, come nel caso di Lichtsteiner. Poi ci sarebbe anche l’entrata a martello di Marques su Vidal al 37’ del 2T, sanzionata solo col giallo, dopo quella omicida di Kuzmanovic di domenica scorsa, sanzionata alla stessa maniera. Ma non bisognava tutelare i campioni? Adesso torniamo con umiltà ad affrontare le prossime partite.

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