È UNA JUVE IN CRISI.

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di Davide Peschechera

La 26.a Supercoppa italiana prende la direzione di Torino. È stata una Juve già più cinica del passato, capace di colpire al momento giusto, sprecare di meno e rischiare ancora meno, implacabile e spietata. Risultato nitido, rotondo, inappellabile, costruito con misura, giustezza e tempismo. Secondo, terzo e quarto goal della Juve sono stati realizzati in 4 minuti e 41 secondi, più o meno 400 secondi, per essere precisi: secondo gol che è un coast to coast, in contropiede fulminante, su corner inesistente per la Lazio, con un Vidal freddo e intelligente nel lanciare Lichtsteiner, un Chiellini che colpisce di destro con un contro movimento da attaccante. Lichtsteiner con l’inserimento, triangolo col tacco e tocco beffardo per il terzo gol; Tevez con i suoi 10kg. in più e la solita freddezza realizza il quarto gol, dopo la geniale illuminazione di Vucinic, la parata di Marchetti su tiro di Lichtsteiner e la lucidità di Pogba. Poi Rocchi fischia la fine della partita senza concedere neanche un minuto di recupero, con persino alcuni secondi d’anticipo, pur di non assegnare un rigore netto per fallo su Vidal in area. Sarebbe stato cappotto. Squadra potente, prepotente e geniale. La tournèe americana aveva sollevato qualche malumore, i lamenti della vigilia avevano trasmesso qualche perplessità. Un precampionato sottotono, non positivo e qualche giro a vuoto di troppo, avevano fatto pensare a una Juventus in difficoltà. La Juve è arrivata all’appuntamento senza troppe certezze e con un mercato ancora in divenire, dopo aver fatto vedere poco o niente del suo reale potenziale in questo precampionato, col timore che si verificasse l’effetto “pancia piena”, la cosiddetta “sindrome di appagamento”, o che tra i giocatori si diffondesse la disabitudine alla vittoria. E poi i soliti imprevisti fuori programma: i media che hanno cercato di inventare polemiche inesistenti su neoacquisti che non funzionerebbero, la Juve che si è allenata a Trigoria dopo aver calpestato un campo da Terza Categoria, ospite della Roma per l’allenamento saltato alla Borghesiana appena giunta nella Capitale. Dopo le spie di Mazzarri dello scorso anno, non ci siamo fatti mancare nulla neanche quest’anno. Neanche la polemica sulla località e gli incassi. Si è giocato all’Olimpico(insomma, vinci lo scudetto e vai a giocare la Supercoppa in casa di chi il campionato l’ha perso) ma si finirà per tribunali perché il 5 settembre la Corte di giustizia federale, a sezioni unite, discuterà il ricorso della Juventus contro la decisione del consiglio di Lega di fine giugno che, per la prima volta nella storia, ha infranto il principio della suddivisione a metà dei proventi. Lo ha fatto per «ricompensare » la Lazio dei mancati introiti della trasferta cinese, cui la Juve ha rinunciato per la contemporanea tournée in America. A Lotito è stato garantito un minimo di 1,8 milioni, cioè la somma dell’ingaggio di Pechino e dei diritti tv. Ai bianconeri sarebbe andato il resto, fino all’eventuale pareggiamento della quota biancoceleste. Com’è andata a finire? La Juventus ci ha rimesso 600-650 mila euro perché l’incasso al botteghino dell’Olimpico è stato di 1,9 milioni lordi. Se invece si fosse proceduto con la ripartizione a metà le due finaliste avrebbero incassato 1,15 milioni a testa. Vabbè. Lotito voleva incassare più della Juve? Accontentato.

È stata la vittoria di un gruppo e di un gioco collaudato. Appena si è trattato di fare sul serio gli uomini di Conte hanno uscito gli artigli e non hanno lasciato scampo alla Lazio apparsa invece troppo guardinga. La tournèe americana aveva alimentato le speranze e le aspettative degli avversari dei bianconeri. Molti saranno rimasti delusi. Perchè non c’è mai stata partita e la Juve, quando c’è da scendere in campo per vincere, c’è sempre. Strapotere sotto il profilo dell’approccio mentale e dell’interpretazione tattica, altro che crisi di condizione, gioco e risultati. Una superiorità totale a livello di reparto e prestazioni individuali e collettive. È ancora una volta il trionfo del gruppo, della compattezza, della feroce capacità di concentrarsi quando si fa sul serio, mentalità che Conte ha saputo infondere ai suoi giocatori. Il flusso delle azioni bianconere scorre ancora per vie centrali anche se l’arrivo di piedi sopraffini come quelli dell’Apache, che ieri ha messo a segno il primo gol ufficiale in maglia bianconera (quarto uomo della storia juventina a segnare in Supercoppa Italiana al debutto assoluto dopo Baggio, Inzaghi e Asamoah), il 200esimo in carriera e il 16esimo titolo in cassaforte, rende la manovra più liscia e imprevedibile. La manovra è stata edulcorata dall’innesto di qualità dell’argentino che, seppur ancora a intermittenza, ha saputo legare e giostrare gli inserimenti dei centrocampisti con tanta sapienza quanto il solito Vucinic. Indolenti, a volte, inarrestabili, spesso, proprio come all’Olimpico. L’argentino infatti è parso già sfrontato, coraggioso e decisivo. Dietro a Vucinic, che ha agito da pivot, con cui ama regalarsi fraseggi stretti, funge da boa e punto di riferimento quasi sempre insidioso farcendo trame per gli inserimenti altrui.

C’è stata maggiore cattiveria agonistica e concentrazione. La Juve è riemersa nella totale forza di un gruppo granitico dall’ondata di critiche dopo un’estate povera in fatto di risultati. La ferocia con cui gli uomini di Conte hanno inseguito il trionfo all’Olimpico è il risultato di una squadra intensa al limite dell’esasperazione, cinica nel colpire e assetata di sangue nel non mollare mai, nemmeno a partita chiusa con il condottiero in piedi davanti alla panchina a urlare dietro a tutti per un passaggio sbagliato. Gruppo che semplicemente non accetta l’idea stessa della sconfitta ed è capace di saltare sopra ogni ostacolo. Ancora una volta, infatti, Conte ha puntato tutto sulle motivazioni, il lavoro, la preparazione e la fame per ripartire e ricominciare e la squadra si è ritrovata alla grande. I deludenti ed evitabili, ma non preoccupanti, risultati della tournèe sono dovuti alla mancanza di voglia, di cattiveria, di attenzione, di fame. Calo di concentrazione. Una delle certezze di questa squadra, il tipo di calcio praticato, difficile ma affascinante, è anche programmato per l’unica, vera necessità che è quella dell’obiettivo, della vittoria, dei punti, del risultato, della conquista: la conquista, in questo caso, della 6a Supercoppa. La quasi mai avvenuta ricerca della realizzazione e della verticalizzazione, negli USA, ma solo l’ampiezza del gioco e qualche taglio degli esterni, era la dimostrazione che le gambe della squadra erano veramente pesanti e la squadra lunga e arrugginita. Ben vengano quindi gli schiaffi che abbiamo rimediato e che ci hanno riportato sulla terra, in questa estate che può dare il via ad una stagione veramente da record, se si riuscisse a vincere il terzo Scudetto consecutivo, impresa mai riuscita. Bagno di umiltà salutare, i risultati del calcio estivo sono destinati a essere spazzati via e non hanno fatto altro che riconfermare che la Juve ha, nelle sue corde, caratteristiche imprescindibili come la rabbia e la cattiveria a agonistica che non devono mai mancare. Se mancano quelle, si perde almeno il 60% del lavoro. Conte spinge continuamente il gruppo ad andare oltre la fatica e superare nuovi limiti, facendo leva sull’orgoglio e sullo stimolo al confronto che evidentemente in un atleta è insito nel profondo, per spronarlo a non mollare la tensione ed a far stare tutti sul pezzo, battendo il senso di appagamento. Per questo Conte ha parlato di uomini, prima che di giocatori.

Si è parlato anche di  cambio modulo, di 334, pur d’inventarsi qualche novità, ma mai come quest’anno, la Juve è sempre la stessa, riparte dagli stessi principi di gioco ma con l’aggiunta di Tevez. Più che altro il 334 è un “atteggiamento” che assumono i due sterni in base alla posizione in campo che ricoprono e che non considera il “ruolo” in se per se dei giocatori. L’obiettivo principale del mister, infatti, è sempre quello di mantenere grande equilibrio, coprendo sempre la stessa larghezza di campo di 40 metri  ovunque ci si trovi, sia in una situazione di transizione offensiva che di transizione difensiva. Per questo di 334 non si può parlare ma è una triste invenzione giornalistica, un divertente passatempo estivo più che un vero e proprio cambiamento di cui parlare. Al massimo, se proprio si vuol parlare di 334, bisogna ammettere che già dallo scorso anno gli esterni erano perennemente presenti nelle azioni d’attacco con improvvisi tagli e con una prima pressione sui giocatori avversari sempre molto alta. Quindi di 334 si dovrebbe parlare già da un po’. Invece lo si fa ora per cercare la novità continuamente, lo scoop che in realtà non c’è. La Juve di Conte è bella e collaudata, sarà ancora 352 con la speranza che i nuovi acquisti alzino il livello tecnico tattico dell’attacco poiché la vera sfida per il mister non è quella di cambiare il suo schema per l’Europa, ma al contrario di dimostrare a tutti che, con i giusti interpreti, questo schema può essere devastante anche contro l’elite del calcio continentale. In molti hanno visto nel passaggio dal 433 al 352 la voglia, da parte del mister, di coprirsi e non subire troppo per non rischiare, spesso, il risultato. In molti hanno visto in lui, nelle ultime settimane, una rabbia compressa, un’ansia nervosetta, il timore o la strategia di alzare la tensione dove la tensione evidentemente si era abbassata per non ritrovarsi un giorno a fallire un appuntamento con lo spettro terrificante di doversi assumere tutte le colpe e dover dare giustificazioni. Il mister, invece, ha sempre spiegato la scelta del 352 come “il vestito, la coperta migliore per questa squadra, avendo in rosa 3 difensori e 3 centrocampisti fortissimi in grado, da soli, di dare sicurezza e copertura alla squadra”.

La partita si è chiusa con l’inno della Juve nello stadio Olimpico di Roma, altissimo nel cielo a coprire tutte le parole che si erano sprecate dopo le amichevoli estive. A coprire tutte le polemiche per la località e gli incassi. Nello stadio del Coni, della Nazionale e dei rosiCONI. Nello stadio in cui tutti hanno spinto per giocare perché tutti volevano così. Col mister che abbraccia uno per uno i suoi uomini, prima che giocatori. Con Lichtsteiner che s’inchina ai suoi tifosi. Con Lotito inquadrato a 3 minuti dalla fine guardare l’orologio e chiedere “quanto manca?”. Ma la partita si chiude anche con Petkovic che a fine gara ha riconosciuto i meriti della Juve, con Klose che dignitosamente non ha gettato la medaglia del secondo posto ed ha applaudito Buffon che alzava la coppa al cielo. Poi ci sono anche gli ululati razzisti, i nostri che non hanno lasciato il campo perché non si chiamano né Constant, né Balotelli, né Boateng, Pogba che definisce ignoranti questo pseudo-tifosi frustrati, l’annuncio dello speaker dello stadio e la squalifica della Curva Nord nella prossima partita dopo la segnalazione di Rocchi nel referto di gara. Il finale più bello è il nostro, che invece di godere delle disgrazie altrui viviamo delle nostre vittorie. Non essendo “proiettati nel futuro” come il presidente Lotito, viviamo delle vittorie presenti. Perché la storia si scrive vincendo le partite che contano. “Le grandi squadre e i grandi giocatori escono in questi momenti. Si vede questo quando conta la partita e non in tournée in Giappone, in Cina e in America. I grandi campioni quando la posta in palio è alta escono”. Parola di Buffon. Tutto il resto lo lasciamo agli altri.

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  1. Commentare un risultato come quello di ieri per un tifoso della squadra che ha vinto è sempre molto
    piacevole.
    Ho sempre pensato che i grandi risultati sportivi si ottengono non tanto rimediando agli errori nel momento
    della sconfitta quando riuscendo a cogliere aspetti da migliorare quando si è vinto.
    La vittoria, se netta è ancora peggio, è una brutta bestia, è tanto adrenalinica quando illusoria,
    bisogna essere in grado di gestirla… e non è affatto facile, ci vuole esperienza e predisposizione.

    Non amo le celebrazioni, tanto più nello sport, non hanno senso.. a tutti, o quasi, può capitare di vincere
    a molti di meno capita di rivincere, a ancora meno di farlo per diversi anni.

    Perchè quel titolo nel post??

    Perchè oggi, passata l’euforia e la voglia di vedere immagini di festa e gioia, è il momento dell’analisi a
    mente fredda e serena.

    Dove sarà la verità?? La squadra che ci aspetta quest’anno sarà più figlia del primo o del secondo tempo?
    e non parlo tecnicamente del risultato ma quando piuttosto del tipo di gioco e ovviamente dell’avversario.

    Credo, in tutta onestà che sia troppo presto per poter dare una risposta.

    I primi 45 minuti erano i primi 45 minuti in gara ufficiale della stagione, quanto questo può influire
    sul gioco della squadra? tanto!! tantissimo!! movimenti, situazioni, ritmo, intesa e avversario.

    I primi 45 minuti la Lazio ha tenuto un atteggiamento attento e non arrembante, tatticamente puntuale,
    la juve lo stesso, in definitiva non è stata una gran partita.. ma erano i primi 45 minuti della stagione
    difficile aspettarsi qualcosa di diverso.

    In questi quarantacinque minuti però è emerso un lato che a mio avviso è ancora un punto debole della squadra
    cioè l’assenza di imprevedibilità e di giocatori che te la possano fornire, escludendo Tevez e Vucinic, il resto
    è discretamente funzionante ma prevedibile. Non è una squadra da uno contro uno, ma si sà, il calcio
    è uno sport da uno contro uno, la superiorità numerica è una delle caratteristiche fondamentali di una squadra vincente.

    Per questo, credo, Conte insista con le sue richieste sugli esterni… perchè, quelli di un certo calibro,
    gli consentirebbero di colmare una delle lacune ad oggi ancora presenti.

    Facciamo ancora molta difficoltà con le squadre chiuse ed organizzate. Nel primo tempo si sono visti 6 lanci lunghi
    che sono quasi il totale annuo della prima juve targata Conte.

    Un altra lacuna in eredità dallo scorso anno mi sembra di poter dire che dovrebbe esser colmata, cioè la fisicità nel gioco
    aereo perchè con Llorente (per questo “dovrebbe”) e Pogba si sono aggiunti notevoli centimetri, tempo e forza fisica.

    Il lavoro iniziato tre anni fa, cioè quello di costruzione di una squadra con grandi ambizioni (lavoro che inevitabilmente richiede
    tempo) non è anora ultimato.

    Noto, e la cosa non può che farmi piacere, che ci sono diversi margini di miglioramento ancora possibili,
    per esempio, le soluzioni con specialisti dei calci piazzati che sono fondamentali nel caso di partite bloccate o contro squadre
    che tendono a costruire la loro partita esclusivamente sulla fase difensiva. In questo senso io spero ancora nel possibile acquisto di
    almeno uno tra Diamanti e Kolarov perchè entrambi andrebbero a colmare in un colpo solo 2 delle 5 lacune che a mio avviso
    ad oggi sono ancora presenti.

    Diamanti garantirebbe un netto miglioramento nei calci da fermo fornendo la variante al destro di Pirlo e garantirebbe quella dote da
    uno contro uno che crea superiorità.

    Kolarov garantirebbe ancora un milgioramento sui calci piazzati fornendo anche la soluzione dalla distanza che al momento in rosa non è
    garantita da nessuno e risolverebbe il problema dell’esterno sinistro (vero lato debole della squadra) non perchè asamoah non sia un buon
    giocatore ma semplicemente non è un esterno, non ne ha il passo ne la mentalità che indiscutibilmente è da puro centrocampista.

    Le altre due lacune sono il dribblomane in avanti e il velocista… entrambi mancanti nella rosa.

    Il secondo tempo non ha dato modo di mettere in luce queste lacune perchè andata sotto, la Lazio ha dovuto allungare un pò la squadra
    ed inevitabilmente concedere spazi, nella quale la Juve è stata letale, con un lichtstainer devastante e praterie a sua disposizione.

    In questo senso mi chiedo dove sia la verità, quale sarà la juve che vedremo quest’anno?? sarà più figlia della prima juve di Conte (probabilmente
    la più bella che io abbia mai visto, in collaborazione con le prime lippiane) oppure più simile a quella dello scorso anno?? (più vicina alla forte
    ma spesso noiosa juve di capello)??

    Io spero di vedere il bel gioco, perchè da tifoso, vivo il calcio per questo. Credo che i presupposti e la rosa (che spero vada puntellata colmando
    ancora quelle che sembrano essere lacune evidenti) per farlo ci siano, non ci resta che aspettare che il campo ci dia la sua risposta.

  2. ottima analisi Heicko79 condivido. comunque la differenza a volte di prestazione fra una frazione e l’altra è anche dovuta spesso al fatto che una volta sbloccato il risultato le squadre si aprono. la Lazio contro la Juve anche l’anno scorso ha fatto sempre partite attendiste al limite del catenacciaro e poi ha sfruttato quelle poche occasioni che gli si sono presentate ( fra l’altro anche per complicità degli arbitri). l’altra sera questa tattica non gli è riuscita perchè una votla sbloccato il risultato noi per primi , loro son dovuti venire fuori , e li abbiamo triturati 😉

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